Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

mercoledì 24 febbraio 2010

не шаг назад .......... non un passo indietro .........

Maglio Domenico - PD Provincia di Savona -

Vincere le elezioni politiche del 2013.
Ognuno che si riconosce nell’alternativa alla destra italiana ha tale obiettivo.
Su questo non ci sono dubbi.
Ma vittoria sarà soltanto se chi condivide un traguardo come questo sarà capace di costruire un terreno fertile, un campo sociale adatto a sostenere l’urto che dall’altra parte si farà sentire con tutta la sua irruenza.
Non dimentichiamoci mai, anzi teniamolo sempre ben presente, che dall’altra parte i mezzi non mancano, ne finanziari ne di controllo della comunicazione.
Queste imminenti consultazioni elettorali che si svolgeranno a primavera per il rinnovo di 13 governi Regionali e di molte amministrazioni locali potranno dare nei risultati un primo segnale, un termometro sullo stato di edificazione della diga che i progressisti si apprestano a realizzare per il futuro.
Ma comunque vada a fine Marzo non bisognerà farsi prendere da facili entusiasmi oppure da delusioni cocenti.
Tre anni sono lunghi, tutto può succedere indipendentemente dagli scrutini che si terranno, l’importante sarà in entrambi i casi tenere la barra ben ferma sulla rotta tracciata, non mollare la presa anche dopo un passaggio così importante.
Soprattutto determinante risulterà l’impegno costante che non potrà diminuire sedendosi sugli allori di un successo o abbandonandosi per una sconfitta, un impegno che piano piano si sta rigenerando nelle forze politiche oggi all’opposizione, specialmente negli strati che non occupano posti dirigenziali e che più di altri sentono la pressione delle prepotenze e del disagio che vivono sulla pelle ogni giorno.
Questo tenere il giusto livello di impegno, strutturare l’entusiasmo, è compito di tutti, non solo a carico dei vari segretari.
Un segretario anche se capace se dietro non ha supporto non va da nessuna parte e non riesce a costruire niente, quindi ogni militante è un segretario.
Ognuno se ne deve assumere in proprio una piccola parte di responsabilità senza ricercare gratificazioni ma con spirito di bandiera e la convinzione di essere dalla parte giusta.
E lo siamo dalla parte giusta.
Sono i fatti a metterci li.
Tutte le forze politiche con i loro militanti che pensano di essere portatrici di un’idea diversa dall’attuale per l’Italia, tutti quelli che pensano di poter dare un loro contributo avranno il compito di essere l’avanguardia di un progetto così grande.
Ogni contributo per piccolo che sia andrà insieme agli altri a formare una grande forza.
Molta strada è ancora da fare, molto è da discutere e molto lo sarà, molto da far convergere in un programma comune di resistenza e ricostruzione.
Non illudiamoci.
Non sarà affatto semplice.
Alcune posizioni sui grandi temi del nostro tempo come l’energia, le riforme istituzionali, il lavoro, le politiche per la famiglia, le questioni sulla vita e sulla ricerca sono tutt’altro che vicine, questo lo sappiamo tutti e non è una novità.
Non è una novità ma può diventare un’arma vincente perché ci si conosce da subito e le cose non si scopriranno dopo.
Chi ci starà non potrà poi dire che era all’oscuro dato che dopo 3 anni di discussione sarebbe non credibile di fronte all’opinione pubblica.
Certo, per fare certe scelte serve coraggio e anche passi indietro, oppure un ridimensionamento di posizione, uno smussamento degli spigoli, ma d’altronde il coraggio dobbiamo mettercelo adesso oppure aspettare un altro lustro.
Anche aspettare, rinchiudersi nel proprio fortino, oppure mantenere qualche rendita di posizione infischiandosene di tutto, anche queste possono essere scelte, anche se certamente discutibili.
Ma se si sceglie “di starci” dovrà tornare attuale un vecchio detto :
не шаг назад - non un passo indietro !
Per ora di certo c’è soltanto la contrarietà largamente condivisa ai provvedimenti messi in campo dai manipoli del Presidente del Consiglio, anche se in realtà in queste fasi Parlamentari i distinguo si notano e non mancano di certo.
Se c’è – o se si paventerà – un’unione nel contrasto manca ancora la convergenza politica che sia in grado di amalgamare il tutto facendolo diventare credibile e soprattutto fattibile.
Francamente le due cose si tengono, qualunque cosa diventa credibile se ne dimostra la fattibilità, comunque vedremo nel proseguio della storia che succederà e cosa riusciremo a mettere in piedi.
Le condizioni generali di avvicinamento delle varie opposizioni, in Parlamento e anche fuori, non sono al momento delle più auspicabili, ma qualche passo positivo si sta facendo con tenacia e si vedrà se i risultati saranno confortanti.
Ma le differenze ci sono.
E’ difficile allo stato delle cose per esempio che possano sostenersi l’un l’altro convintamente l’On Casini e Niki Vendola anche se gli sforzi si fanno in questo senso, oppure difficile altresì vedere a braccetto Massimo d’Alema e Binetti, o Di Pietro e Cesa, il Porf .Veronesi e Fioroni.
Ma complicato adesso è pure immaginare che con un colpo di bacchetta magica si mischino bandiere dalle storie così diverse e spesso alternative tra loro sotto un unico cielo.
Non si riesce a chetare le due anime del Pd figuriamoci se sarà facile metterne d'accordo 4 o 5 oltretutto di partiti diversi.
Queste diversità non vanno però occultate con frasi di circostanza, le difficoltà di avvicinamento non vanno sminuite, le discussioni non vanno ridimensionate.
Se facessimo così faremmo del male a tutto il paese e non a qualcuno in particolare.
Le forze politiche, i partiti, non sono lì per fare del bene a loro stessi, ai loro dirigenti, per sistemare questo o quello, per creare a cerchie ristrette una sistemazione economica duratura.
Ognuno parli per se, per il partito in cui milita e in cui si riconosce.
E a tale proposito e per quanto riguarda chi scrive dico che il Partito Democratico deve svolgere la sua funzione nella società partendo dalle sue radici antiche, riavvolgere i fili perduti, svolgere la funzione per il quale è nata la sinistra, cambiare la società e fare di tutto per il benessere generale sacrificando se necessario anche i suoi uomini migliori, non può quindi guardare solo a se stesso ma svolgere una funzione collettiva, diventare il sostegno al quale possano appoggiarsi e trovare sponda i movimenti sociali, il mondo del lavoro in evoluzione, le altre forze politiche della sinistra e del centro democratico e progressista per costruire insieme un pensiero nuovo.
Le elezioni del 2013 non sono le Regionali, dove anche se con qualche distinguo neppure troppo attenuato per la verità, possono nascere alleanze diverse tra loro ma unite in un progetto specifico per quel territorio, come abbiamo visto succedere in Puglia, nel Lazio, in Piemonte, in Liguria per esempio.
Governare un paese è una storia più complessa e articolata, serve una visione non ristretta, servono sguardi internazionali, globali, e pertanto i temi da affrontare sono enormi e intricati, dove sui grandi teatri mondiali dell’economia, sulle questioni militari, del mercato, sui temi sociali e finanziari, della sicurezza e dello sviluppo, del lavoro e dell’immigrazione non tutti la pensano allo stesso modo.
Sbagliare in politica estera significa retrocedere in credibilità, essere accantonati, ed è quello che sta succedendo oggi all’Italia, esclusa da ogni tavolo che conta, fuori dai grandi incarichi di governo europei.
Questi 3 anni che ci separano dalle politiche serviranno a capire se sarà possibile avere una visione comune, larga e condivisa, capire se sarà possibile riuscire nell’impresa di portare ancora i progressisti alla guida dell’Italia e contemporaneamente ristabilire un clima di fiducia da parte degli Stati esteri verso il nostro paese.
Di fronte a tutto questo appaiono ben piccole le litigate locali per avere questo o quel nome in una lista.
Personalmente nutro qualche dubbio sulla possibilità che alla fine di questo persorso che si presenta non facile si riesca a compattare sotto lo stesso tendone il campo dell’opposizione di oggi, ma bisogna tentare, bisogna osare.
Serve provarci non soltanto perché i numeri presi singolarmente siano insufficienti, ma perché a mio parere la destra va sconfitta culturalmente con un’ampia e nuova linea di pensiero di cultura popolare.
Senza partire da qui non sarà facile rimettere sui giusti binari il treno Italia che sta deragliando sotto la spinta dell’irresponsabilità, delle feste, degli intrighi perpetrati senza pudore, dell’autoconsacrazione prepotente che la destra sta sconsideratamente mostrando a tutto il mondo.
Probabilmente tutto questo sconquasso servirà a scuotere molte coscienze che si erano illuse dietro alle promesse vaghe e agli annunci continui, e forse sarà utile alla fine a realizzare convergenze significative, ma ciò non avverrà su tutto.
Questa verità tra noi non dobbiamo nascondercela.
Ci saranno questioni sulle quali la possibilità di convergenza è molto remota, temi sui quali non sarà possibile marciare insieme e le differenze resteranno domani come ci sono ora, magari attenuate, modificate, riviste ma resteranno.
Se così non fosse non si spiegherebbe il motivo per cui si milita o ci si riconosce in partiti con pensieri diversi, ed è un bene che sia così perché in democrazia ci si confronta proprio tra idee non coincidenti.
Il partito unico che ha un unico pensiero non fa parte della nostra storia ma evoca tempi bui, oscuri che si sono vissuti in Italia e fuori dall’Italia.
La forza e la responsabilità che si riuscirà a dimostrare starà proprio qui, nel ritorno – finalmente – della grande politica, quella della mediazione, della sintesi da troppo tempo latitante nel nostro paese.
Quando viene a mancare questa capacità di mettere in campo la politica, quella vera, si tocca con mano la deriva conseguente che ha portato alla nostra situazione attuale.
La domanda quindi potrebbe essere questa : riusciremo?
Risposta difficile all'oggi ma in prospettiva deve essere SI.
In fondo se siamo stati capaci – siamo per appartenenza e non per anagrafe – di sintetizzare una Carta Costituzionale di altissimo valore da posizioni politiche molto più conflittuali e alternative tra loro di quelle odierne sarebbe ridicolo non riuscire oggi a trovare una sintesi che possa portare a posizioni condivise su un programma di governo.
Riuscire sarebbe fare del bene a tutti.
E perché no, anche a chi sta “dall’altra parte”.
Noi siamo per il benessere generale e non solo per avvantaggiare o proteggere una sola fetta di paese, noi non crediamo alle due Italie divise, a due velocità, ma ad un paese unico come in effetti è.
Si guarda a tutto il paese, a chi sta bene che potrà eventualmente sopportare qualche privazione che non gli sposterà il suo vivere agiato, e soprattutto si guarda a chi sta peggio di tutti che rappresenta la maggior parte degli italiani.
Fallire nel 2013 sarebbe un disastro generazionale dalle conseguenze difficilmente recuperabili.
Su quella data dobbiamo puntare tutto.
Ma questa volta, se ce la faremo, dovremo fare più attenzione, guardando bene dentro di noi, nei nostri partiti, guardare negli occhi i nostri uomini, le nostre donne, e coloro che delegheremo a governare nei territori a rappresentarci, guardando nelle nostre organizzazioni, non cedere sulla moralità e sulla trasparenza riappropriandoci di quella solidarietà collettiva che a volte non troviamo più, abbandonando a se stesse le corse solitarie dei singoli e sostenendo progetti unitari.
Soprattutto sarà credo necessario mettere in moto meccanismi che possano piantare nel terreno quei giusti paletti Istituzionali dei quali siamo carenti, anche per colpe nostre, e che sono in grado di non far più traballare la Repubblica come sta avvenendo oggi.
Quindi, amici e compagni,
Iniziamo a tirarci su le maniche, c’è tanto lavoro da fare, per tutti.