Leggendo oggi sui giornali – su “La Repubblica” - un articolo di Walter Veltroni il dubbio è sul prevalere della rabbia o dello stupore.
Entrambi in senso buono ovviamente.
Veltroni si riferiva alle tante ragioni ideali che l’azionismo incarnava e dei quali ci sarebbe bisogno ancora oggi, azionismo incarnato da Bobbio e da Carlo Azeglio Ciampi, solo per citarne un paio.
Fa venire rabbia Veltroni, fa venire rabbia perché ha ragione, rabbia perché non ha saputo trasmettere quella spinta che in effetti avrebbe potuto portare l’idea azionista nel cuore della sinistra italiana, l’ideale azionista che avrebbe potuto scuotere il nostro paese con la sua ricerca di moralità, con il suo senso dello Stato, con il suo voler dare idee e proposte in modo disinteressato, senza ambizioni personali ma con il senso più alto del bene di tutti, del bene collettivo.
Lo stupore deriva dal fatto che sapeva bene Veltroni in che modo si potevano, e si possono ancora, portare nel seno della nostra società quelle che non sono utopie, ma reali necessità, sapeva bene che l’approccio non poteva essere quello dello sconvolgimento e stravolgimento istantaneo di un sistema radicato, forte, ancora vivo dei partiti e dei loro riti antichi.
Lo sapeva ma è andato avanti comunque, aprendo la strada ad anarchie territoriali, al costruire recinti difesi con i denti da potentati locali, innescando una sorta di deleterio liberi tutti, dove ognuno fa da se e soprattutto fa soltanto per se.
E così il ritorno a ciò che serve ancora è diventato inevitabile.
Riti antichi della politica trasmutati nella modernità di oggi, stemperati, ridimensionati ma ancora necessari nel momento politico attuale.
La gradualità era un obbligo, che Veltroni non ha saputo imporre dominando le forti pulsioni esistenti.
Troppo secca la svolta, l’ennesima, della nostra sinistra sempre in viaggio, troppo traumatica la spaccatura cercata tra l’esistente e il nuovo corso progressista che si voleva.
La tensione etica degli azionisti richiamata da Veltroni, la coerenza, il valore della legalità, il conflitto costruttivo tra posizioni diverse che alla fine si uniscono in un unico impeto, il rapporto equilibrato tra la politica e la società.
Tutto questo sta nel riformismo, lo sappiamo bene a sinistra.
E ha sempre ragione Veltroni, quando dice che sta nel riformismo socialista.
Sta nella gente che si riconosce in questi ideali, sta nell’anima della gente che si riconosce nella sinistra che guarda avanti, sta in un luogo dove non si fondono le varie culture, ma dove possono trovare il luogo della discussione e della sintesi tenendo le loro posizioni.
E questo luogo non necessariamente sta in una Federazione regionale o provinciale, certo sta anche li ma lo troviamo soprattutto nella coscienza di ognuno di noi, sta nelle nostre azioni, nei nostri comportamenti, nella nostra moralità.
Tutto questo sta nella forza che avremo di non voltare la faccia dall’altra parte quando vediamo operai che soffrono, quando vediamo famiglie sul lastrico, quando guardiamo con sufficienza tanti giovani disperati che ingrossano le file dei disoccupati.
Sta qui il senso dell’azionismo che ha richiamato Veltroni.
Sta dentro di noi e non fuori da noi, non sta da qualche altra parte a noi sconosciuta, ce l’abbiamo dentro e tante volte non ce ne accorgiamo.
Per questo noi stiamo “da questa parte”, dalla parte “a loro avversa”.
Dobbiamo soltanto svegliarlo questo nostro impeto, questo nostro orgoglio, scuotere la sua linfa vitale assopita e quasi assuefatta o sopraffatta dalla falsa politica di oggi.
Se ci riusciremo avremo già iniziato a percorrere la strada, avremo iniziato a costruire l’Italia che vogliamo.
Non è tardi, compagni e amici, possiamo farcela e quando sarà ora Walter Veltroni sono certo non mancherà.
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martedì 9 febbraio 2010
L'azionismo richiamato da Walter Veltroni è già dentro di noi, non bisogna inventarsi nulla, basta svegliarlo
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quaderni di frontiera