Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

venerdì 5 febbraio 2010

Il senso dell’appartenenza

Noi.
Non “io”.
Lo studio della grammatica ci ha insegnato a scuola questo pronome personale.
Noi.
In queste tre lettere sta tutta la storia della sinistra italiana, di quella di ieri, di quella di oggi e di quella di domani.
della sinistra riformista e socialista, di quella cattolico democratica, di quella liberale.
Il senso dell’appartenenza a una grande storia in cammino, che ha segnato generazioni di uomini e di donne, un cammino che non si ferma, avvenimenti epocali che hanno visto emanciparsi le grandi povertà nei secoli, che hanno vinto soprusi, sconfitto dittature, conquistato diritti, allargato e consolidato libertà evanescenti, costruito democrazie.
Lotte operaie, lotte studentesche, lotte di Liberazione, lotte di Resistenza.
Uomini e donne, insieme.
Un secolo è passato da quando il figlio di un bracciante non aveva gli stessi diritti del figlio del proprietario terriero, del padrone, ma quel problema è ancora li, sul nostro tavolo e ancora chiede giustizia.
Il movimento operaio che è stato il cuore pulsante delle grandi economie del mondo ora è solo con se stesso, sommerso dal disagio, precipitato indietro nel tempo, quando ogni operaio veniva considerato non più che una merce, sfruttato senza ritegno alcuno.
E i figli degli operai di oggi vedono negli occhi dei loro padri quella solitudine che non avevano conosciuto fino a poco tempo fa, vedono l’impotenza e la rassegnazione, vedono la sofferenza e spesso anche l’orgoglio di nascondere questo loro stato di povertà crescente e che sembra non aver fine.
Il posto di lavoro che ostentavano con fierezza, la dignità del loro lavoro si è sgretolata, disintegrata, e si ritrovano spesso impreparati a reagire.
In pratica tutti i lavoratori si sentono soli, sacrificati e non sanno neppure perché.
Semplicemente subiscono ma non sono incapaci di reagire e ribellarsi ad una situazione verso la quale non hanno alcuna colpa.
Fanno sentire la loro voce sulle piazze, nelle città, ovunque possono avere attenzione.
Ma lo fanno non con quell’appoggio che vorrebbero, lo fanno senza quella sponda che da sempre gli è stata vicino, senza un punto di riferimento che da solo il sindacato non può continuare a sostenere in solitudine.
Se riusciamo a guardarli bene questi lavoratori, questi uomini e queste donne, nei loro volti segnati da continue battaglie e continui sacrifici noi riusciremo a vedere la nostra gente, vedremo noi stessi, e riusciremo a vedere quanto siamo assenti nel nostro comunque presenziare.
Nel nostro voler essere con loro potremo vedere come invece ci siamo troppo poco.
Noi ci siamo troppo poco.
Noi, che abbiamo l’ambizione di continuare il cammino della sinistra insieme a loro non possiamo lasciarli soli per ragioni di equilibrio, di equidistanza.
Ma quale equidistanza? Da chi? quale equilibrio? Per che cosa?
Quella è la nostra gente, quella è la sinistra italiana, quella che lavora duro tutti i giorni, quella che trova da un giorno all’altro i cancelli delle fabbriche sbarrati, quella che apre le officine rischiando di suo, quella che di giorno dispensa sorrisi tranquillizzanti ai suoi figli e piange la sua disperazione soltanto la notte, in silenzio, per non farsi vedere, quella che oramai è all’ultima spiaggia.
Dov’è la sinistra quando queste voci urlano tutto il loro dolore, tutta la loro disperazione?
Il lavoro.
Accerchiato, sminuito, sacrificato, spesso dimenticato.
L’evoluzione della sinistra italiana è troppo lunga, troppo lunga la transizione che tende a oscurare la realtà, è in questo suo lungo e tortuoso percorso ha dimenticato spesso la sua funzione.
Ora sta faticosamente rimettendosi in carreggiata, rivedendo la precarietà di alcuni suoi atteggiamenti, e lo sta facendo con affanno ma con ostinazione.
Combatte in Parlamento, torna nelle piazze. Tra la sua gente.
Non la lascerà più sola.
La sinistra e il lavoro sono cose che stanno insieme.
Nessun delle due può fare a meno dell'altra.
Bisogna esserci e non lasciare solo il lavoro.
E se questo a qualcuno da fastidio, pazienza.