di Maglio Domenico
Si è chiuso il 2009, un anno pieno di accadimenti significativi sia nel nostro paese che in Europa e nel mondo.
Tamburi di guerra rilanciano il loro eco attraversando i continenti, la miseria e la fame sta allargando i suoi confini anche sul mondo più industrializzato ed evoluto, interi popoli soffrono un disagio e una povertà che non conoscevano, altri sentono che non ne verranno mai fuori per l’egoismo diffuso nel pianeta ricco.
Inutile fare una lista che per quanto completa risulterebbe in ogni caso non esaustiva, ognuno di noi può stendere fiumi di inchiostro personali su ciò che meglio vuole ricordare dimenticando ciò che non vuole.
Inizia il 2010 e a questo nuovo anno dobbiamo guardare con quella speranza che da un po di tempo riempie i discorsi di circostanza degli oratori più diversi, alcuni autorevoli come il Presidente Napolitano o come Benedetto XVI, altri molto meno, ma della quale nessuno sa indicare il punto iniziale per far si che diventi concreta.
La voce più forte viene dal lavoro, che gela in questo inverno sui nostri tetti tra la grande indifferenza di chi non si preoccupa della sua sorte.
Davanti a noi si aprono enormi possibilità ma anche grandi preoccupazioni, ciò che avverrà non è dato saperlo ma può essere immaginato con un minimo di attenzione e ragionamento.
L’importante è fare chiarezza sulle posizioni, da una parte e dall’altra, da destra e da sinistra, dire bene cosa si vuole raggiungere, che si vuole fare, senza dimenticare che alcuni temi determinanti per la nostra democrazia non appartengono in via esclusiva a qualcuno, ma sono e devono essere patrimonio di tutti.
Il nostro paese che si vuole spaccato in due parti è invece tutt’altro che diviso, la mancata soddisfazione di bisogni elementari attraversa come una scudisciata tutti quanti, chi più e chi meno è colpito nel suo benessere già precario, tutti sentono l’impoverimento della loro condizione, chi ha avuto molto pur nella continuata opulenza odierna non mantiene più il livello a cui era abituato e si sente escluso dal mondo dorato che rincorreva, chi ha avuto sempre poco, il necessario non lo ha più e inizia una fase di privazioni complessive sui generi fondamentali del suo vivere, chi non ha mai avuto nulla o pochissimo, non vede grandi cambiamenti che lo riguardino, misero era e misero rimane, soffre meno fisicamente per abitudine alle sue privazioni strutturate, ma si chiede sempre più spesso il perché non riesca a salire qualche gradino della scala sociale.
I primi supereranno questa fase, non sarà così per i secondi e per i terzi che sono la maggioranza.
Ma se i secondi e i terzi non saranno in condizione di elevarsi a maggior benessere, quindi lavorando e producendo, acquistando e spendendo, come faranno i primi a mantenere il loro livello di vita?
Questo era in parte anche il messaggio di JF Kennedy, dal quale possiamo senz’altro fare dei distinguo, ma aveva cercato di far capire all’America ricca che lo aveva portato alla Presidenza che senza aiutare chi lavora la ricchezza sarebbe scomparsa, perché è chi produce che crea il benessere di chi da lavoro.
Un messaggio che oggi possiamo riprendere anche noi, anzi un messaggio da rivitalizzare che le evoluzioni della sinistra italiana ha cercato di inserire nella politica italiana, a volte riuscendoci anche grazie alla spinta sindacale, altre volte invece senza trovare ascolto.
Il 2010 dovrebbe partire da qui, dal lavoro, forse è questo il punto di partenza per dare alla speranza un volto certo.
Quando le unità produttive vengono derubricate e sacrificate all’accumulazione finanziaria facile, quella senza troppi rischi, quella senza quei cavilli giuridici che il diritto dei lavoratori impone, non può esserci futuro per un paese, per nessuno, la ricchezza accumulata piano piano sparirà perché nessuno la produrrà più.
Ora molte fabbriche sono chiuse, sono crollati imperi produttivi importanti, altri sono in forte crisi, e trascinano con loro milioni di lavoratori anche non diretti come quelli dell’indotto collegato, vengono a mancare le disponibilità finanziarie di chi spende nei negozi, di chi fa girare l’economia, i giovani guardano perplessi a tutto questo, preoccupati per loro stessi e per il loro genitori che vedono impotenti a raggiungere quegli obiettivi verso i quali hanno speso tutta la loro vita.
Oggi tutto viene contrapposto, non si va alla ricerca di quella sintesi necessaria per il benessere di tutti, è il mondo egoista dell’io, del capo contro un altro capo, delle lotte personali tra i camerieri servili dell’uno contro i servitori dell’altro, nulla vale più della propria visibilità, tutto si degrada pian piano nei valori che sono alla base della convivenza, la giustizia sociale è diventata parola vuota, il significato dei valori più tradizionali un qualcosa che va dimenticato.
In questo quadro non felice si muove tutta la nostra società, mediatica, facile venditrice di illusorie fantasie, piena di parole roboanti ma inconcludenti.
Restare nell’immobilismo serve a poco, attendere che altri facciano per tutti potrebbe rivelarsi tardivo.
Inutile provare a recintarsi qualche giardino di nicchia, sarebbe dare forza ulteriore ad una reazionaria conservazione che sta immobilizzando tutto e tutti.
Ogni società può essere cambiata, ogni uomo può contribuire a farlo.
Questa è la funzione della sinistra, in Italia, in Europa e nel mondo.
Perche il progressismo incarnato dalla sinistra è da sempre funzione storica.
La sinistra stessa è funzione storica. E’ nata per cambiare la società.
Iniziamo a farlo, ognuno come meglio può, ma iniziamo. Presto.
- quaderni di frontiera
- Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.