Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

venerdì 8 gennaio 2010

Se rivuole il suo mondo la sinistra deve essere esempio di sobrietà

Si dice spesso che la sinistra sia ossessionata dalle questioni del lavoro, che voglia a tutti i costi rappresentare i lavoratori, e che il suo fine sia quello di costruire su questo il proprio consenso elettorale, avere quindi uno zoccolo duro caratterizzato da una base in grado di movimentare a suo piacimento.
Si dice anche che ci sia in lei la nostalgia delle grandi manifestazioni di protesta, nelle piazze, nelle scuole, negli uffici pubblici, ovunque, che senta la mancanza delle roboanti parole d’ordine, dello sventolio di migliaia di bandiere rosse, dei megafoni che incessantemente svuotano sulle folle slogan forti e duri, del leader carismatico da applaudire.
Si dice questo e anche altro.
Non c’è dubbio che una parte di verità esiste in tutto questo, ma dietro a tutto non c’è solo una voglia nostalgica, c’è ben altro.
C’è la situazione di un paese che vede in ginocchio gran parte del suo mondo produttivo, che non è più ristretto solo al lavoro salariato.
Ora, in questo contesto nazionale di disagio, dire che si cerca soltanto il ritorno alle folle urlanti delle piazze è riduttivo, come è riduttivo affermare che la sinistra non vuole abbandonare la radicalità che l’ha sempre contraddistinta e che vuole continuare a rappresentare cambiando camicia e colore.
La radicalità non è nella sinistra, è tutto intorno a noi, bisogna comprendere le ragioni di questa nuova società che si sta formando.
Che dire dei ragazzi dei call center trattati come merce di scambio?
Che dire dei lavoratori costretti a manifestare soli, sui tetti delle fabbriche?
Che dire dei volti spersi dei giovani universitari che studiano senza sapere che sarà di loro, dei loro sforzi, del loro impegno?
Che dire dei loro genitori, sottoposti a sacrifici enormi per dare ai loro figli una possibilità?
Che dire di quelle famiglie che da un giorno all’altro vedono chiuse le loro uniche fonti di sostentamento?
E delle donne troppo discriminate sul lavoro, nella società, nelle Istituzioni, trattate come una merce, sottoposte ancora a umiliazioni?
Che dire del disperato vivere dei nostri anziani, spesso troppo soli dopo una vita di lavoro?
E i piccoli artigiani? Chi pensa a loro? Chi salverà il sacrificio di una vita spesa tra l’officina e la famiglia? Chi li salverà se la loro piccola attività fallirà? Come potranno ricominciare una volta bollati dalle banche dati degli Istituti di credito?
Non potranno più farlo, saranno finiti e con loro tutte le loro famiglie e quelle che con il loro impegno vivono.
Che dire dei giovani precari soffocati in una marea indistinta di contratti indecifrabili, impotenti a costruirsi quel futuro che vorrebbero ma che non possono avere?
E che sarà delle nostre Istituzioni quando questo tessuto sociale si lacererà definitivamente esplodendo in tutta la sua rabbia, in tutta la sua voglia di ribaltare la situazione?
Ecco, a tutte queste domande serve dare una risposta, e non importa se essa arriverà dall’urlo della piazza, se la sua voce si confonderà con il vento che muoverà le sue bandiere, non importa chi darà voce a quel disagio, a quel rancore, a quel rifiuto dell’opulenza opprimente del mondo più ricco.
Non è la sinistra che vuole rappresentare questo mondo sofferente, è questo mondo che fa parte della sinistra, che lo voglia o no, le sue sono rivendicazioni antiche che ciclicamente tornano a infiammare la vita di ognuno.
Un mondo che solo a sinistra troverà la forza di rivitalizzare quei valori che sono sfumati e che sono stati soffocati troppo in fretta.
Non importa come si chiama o come si chiamerà questa sinistra, importa solo che ci sia e che si rafforzi.
Questo mondo debole, il più esposto, quello che paga sempre e comunque in prima persona errori non suoi, questo mondo cerca la sua voce proprio nella sua storia antica dei movimenti di emancipazione, nei movimenti operai, nelle lotte studentesche, nelle battaglie per i diritti civili.
Includere questo mondo in un contesto nuovo che ricerchi la vera libertà dell’uomo, fatta di dignità del lavoro, di rispetto degli uni verso gli altri, è compito solo della sinistra, nessun altro può farlo, nessun altro.
Ciò che è cambiato è il modo di rappresentazione.
Accanto alle bandiere e agli slogan serve un progetto, serve darsi un fine, un obiettivo, uscendo dal conformismo politico senza costrutto che da troppi anni ha invaso il tessuto istituzionale, dove conta solo l’apparire, dove il ruolo della politica è stato derubricato a show mediatico, come un circo itinerante che si sposta di qua e di là a seconda della scadenza elettorale.
Come farà la sinistra a chiedere il consenso a questo che è il suo mondo?
Come potrà andare sui tetti a chiedere agli operai un voto per la sua stabilità economica ben sapendo che lassù c’è solo miseria e sofferenza?
Può farlo, può oggi e potrà in futuro, se saprà dare al bisogno l’esempio della sua sobrietà, una sobrietà che non può non essere nel suo DNA.
Chi non ne fa uso, specialmente a sinistra, ben difficilmente potrà ottenere da quel mondo l’appoggio che cerca.