Stiamo vivendo un periodo non felice.
Le tensioni sociali che stanno esplodendo nel paese non promettono nulla di buono e la discussione politica è sparita dall’agenda parlamentare, nelle piazze cova un risentimento diffuso, nelle fabbriche operai scoraggiati e soli urlano la loro disperazione, le piccole imprese sono al collasso, le famiglie pure.
Ma questo vivere miserabile non fa parte dell’agenda del governo attuale.
Servono urgentemente riforme in grado di mettere il nostro paese al livello degli altri Stati Europei, o per lo meno avvicinarci a loro, non è possibile vivacchiare tamponando qua e là in attesa che qualcuno o qualcosa ci mettano sulla strada giusta.
Non ce la possiamo fare in questo modo.
Quando la grande bufera finanziaria passerà bisognerebbe essere già pronti a ripartire con uno sviluppo economico e produttivo adeguato, pronti ad assorbire le tante debolezze che stanno aumentando in modo esponenziale.
Il nostro governo non sembra in grado di affrontare granchè su questo campo, mentre sembra attrezzatissimo a fomentare malcontento ovunque, in Italia e in Europa, tra gli avversari e da un po di tempo anche tra le sue fila.
In una situazione come questa che necessiterebbe uno sforzo comune per arginare il peggio, abbiamo invece un gruppo di camerieri a servizio del potere che immobilizzano il paese pur di trovare qualche scorciatoia che possa salvare il loro capo, e quindi loro stessi, i loro privilegi, le loro prebende.
Si può dire ciò che si vuole ma tale è la a realtà.
Il ruolo delle forze di opposizione diviene decisivo in situazioni come queste, ma non si può chiedere loro di sostenere proposte che vadano contro il dettato Costituzionale per favorire una sola persona.
La politica di cui l’Italia ha fortemente bisogno è solo quella di intavolare discussioni che portino ad una sintesi per riformare laddove ce ne sia bisogno.
E’ questo che serve.
Basta pensare alla necessità degli ammortizzatori sociali, alle magrissime pensioni di molti anziani, alle buste paga troppo leggere dei lavoratori, alla carenza di politiche di sviluppo per il mezzogiorno e via dicendo, fino ad arrivare ad una riforma fiscale bilanciata tra chi paga troppo rispetto ai suoi guadagni e chi paga in modo insufficiente in proporzione a quanto riceve.
Come affronteremo la mancanza di lavoro? Come penseremo a chi il lavoro lo perderà? Come proteggeremo milioni di famiglie che da un giorno all’altro si troveranno sulla strada? Chi li aiuterà se lo Stato non si occupa di loro?
Ma anche il problema degli assetti Istituzionali non può restare escluso da una riforma complessiva del sistema parlamentare, affinchè diventi più leggero e anche meno numeroso, perché diventi più forte, più snello nelle procedure.
Ma come fare se si è inchiodati a difendere un uomo solo?
Non è forse meglio accettare qualche compromesso che possa sbloccare il pantano che ci sta trascinando a fondo?
Oramai l’avvelenamento del dialogo politico ha raggiunto punti talmente elevati che difficilmente potrà retrocedere a pratiche discorsive più ortodosse, pertanto ogni compromesso raggiunto oggi potrà tranquillamente essere disdetto domani.
Si è innescato un meccanismo per cui ciò che io decido oggi qualcun altro lo azzera domani.
E’ già successo, succederà ancora.
Il populismo urlato porta a questo, da una parte e dall’altra, porta al decadimento dei valori e al loro accantonamento, porta ad un avvelenamento del clima nel paese non utile a nessuno, gli irrigidimenti che si trovano tra le opposte fazioni prendono forza uno dall’altro in una spirale che non si arresterà facilmente.
Chi vive di populismo trova proprio nello scontro, simile nella dialettica ma opposto nei fini, la forza per imporsi nella società.
Perché non è in grado di porsi in altro modo che quello.
Il populismo più debole sarà sottomesso da quello più forte, e quindi continuando uno scontro impari senza volerlo raforza colui che invece vuole battere.
Bisognerebbe stare attenti a non cadere in questa trappola politica.
Stare attenti ad additare come accordo non chiaro una invece possibile via di fuga.
Fermare chi si alimenta e vive di populismo e chi gli risponde con la stessa moneta è il primo passo.
Tutte le riforme di cui uno Stato ha bisogno per il bene collettivo non possono che passare dall’assunzione di responsabilità che sono appunto collettive, quindi anche da parte delle forze di opposizione.
Non significa fare affari loschi, ma assumersi con coraggio le responsabilità che servono, dichiararsi pronti a partire dal quel rispetto delle Istituzioni più volte richiamato dal Presidente Napolitano.
Solo così si potrà provare ad uscire dal blocco in cui ci troviamo.
Se non si prova così ci ritroveremo presto a camminare su troppe macerie sociali e tutto sarà molto più difficile.
La demagogia populista ha oramai travalicato lo status di temporaneità ed è divenuta di uso comune, ha invaso tutto il paese, i territori, ha tolto alle aule parlamentari la loro funzione di mediazione e ricerca trasformando in un teatro di second’ordine le sedi Istituzionali dove vanno in scena solo tragedie greche e varietà.
Bisogna rendersi conto che si sta svuotando il sistema democratico che ha retto fino ad oggi.
Bisogna capire cosa si vuole fare per arginare tutto questo che non si sa bene dove ci porterà.
Il bene pubblico, la res pubblica, rappresentano valori verso i quali non è consentita la distruzione, i conflitti e le loro soluzioni trovano mediazione solo all’interno di un sistema repubblicano democratico che ne media le aspirazioni nel Parlamento.
Se per proteggere uno soltanto si concede di proteggere e liberare chi si è macchiato di gravissimi reati la risposta non può che essere negativa.
I codici di giustizia sui quali si reggono i nostri ordinamenti verrebbero svuotati della loro funzione.
Ma allora l’assunzione di responsabilità delle forze di opposizione, quale dovrebbe essere per arginare il danno che si vuole produrre a copi di maggioranza?
Fare il possibile affinchè questo danno sia mitigato il più possibile, fino ad arrivare a norme specifiche di tutela, se ciò significa salvare il paese dalla deriva pericolosa in cui stiamo scivolando.
Molti sono consapevoli di questo, uomini e donne di destra e di sinistra, dentro e fuori il Parlamento sanno che può essere l’unica soluzione verso il minor danno che si sta procurando alla collettività.
Non significa piegare la testa, cedere, arrendersi, ma capire il momento di oggi e prepararsi a domani, dove tutto potrà essere cambiato, con qualche altra leggina che riporti il tutto alla normalità, anche con efficacia retroattiva………….
- quaderni di frontiera
- Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.
lunedì 21 dicembre 2009
Bisogna rendersi conto che si sta svuotando il sistema democratico
Pubblicato da
quaderni di frontiera