di Maglio Domenico - Finale Ligure -
Nel 1945 l’Armata Rossa entrava nel campo di sterminio di Auschwitz e apriva gli occhi del mondo.
Nel 2009 Angela Merkel, Premier della Germania, cosi parlava in un suo discorso sulla ricorrenza della fine della II guerra mondiale :
“…la Germania e noi tedeschi non sappiamo ancora dopo tanti anni come poter uscire dalla vergogna del Nazismo….”
Da noi nessuno si è vergognato del fascismo e di ciò che ha fatto.
Ma l’unicità del nazismo, la sua peculiarità come regime - che lo distingue anche da altre forme di dittatura brutale - fu l'attuazione di un genocidio sistematico.
E non è semplicemente una questione di scelta arbitraria da parte di qualche storico.
Qui è in gioco l'essenza del fenomeno nazista.
Auschwitz e tutti i campi di sterminio con la loro testimonianza non devono essere necessariamente al centro di ogni prospettiva sulla storia tedesca.
Il dove Auschwitz s'inserisce nella storia tedesca, il come la storia tedesca abbia «prodotto» Auschwitz, e il come la storia tedesca è stata forgiata da Auschwitz, sono questioni la cui importanza non è suscettibile di affievolirsi col tempo.
Non va dimenticato cosa l’originò, quali le condizioni sociali che permisero al nazismo di emergere con tutta la brutalità che sappiamo.
La scienza storica non può essere determinata dalle immagini popolari del passato.
Né può concentrarsi sulla preservazione dell'esperienza o della memoria, le quali varieranno – inevitabilmente – tanto a livello individuale quanto a livello collettivo.
Il suo compito è spiegare il passato, renderlo meglio comprensibile.
Molti aspetti della «vita quotidiana» nell'epoca nazista sono rilevanti ai fini di questo compito.
E’ certamente lecito richiamarli per mettere in rilievo l'appello popolare del nazismo, chiarire in qual modo sia la gente comune sia i gruppi di élite si adattavano alle richieste del regime e, in una varietà di modi, si facevano coinvolgere nelle sue politiche. L'esplorazione della «normalità» e della «vita quotidiana» può così contribuire a una più profonda comprensione dell'imbarbarimento crescente del regime nazista che fu da tanti tedeschi condiviso.
Ma la discussa «storicizzazione» del nazionalsocialismo, lungi dall'offrire nuovi e fecondi approcci al Terzo Reich, è una falsa pista storiografica.
Per quanti vedono la catastrofe del Terzo Reich come una parte non soltanto della storia tedesca, ma anche della storia europea e mondiale, la «storicizzazione», qualunque significato si voglia attribuirle, è qualcosa di irrilevante e diviene spesso motivo ed elemento di confusione.
Le attuali preoccupazioni tedesche riguardo al posto del nazionalsocialismo in un ritrovato senso dell’identità nazionale, al modo in cui è possibile derubricarlo, o al suo ruolo nello sviluppo di una società moderna basata sulla tecnologia, non hanno titoli da far valere in sede di comprensione storica del fenomeno nazista.
La Germania non vorrebbe più avere quel passato e non sa come liberarsene.
Questa è la verità.
Bisogna però mantenere al centro dell'attenzione ciò che ha costituito l'autentica rilevanza storica del nazismo.
Auschwitz è, finora, un caso unico nella storia; ma purtroppo non c'è motivo di ritenere che un crollo della civiltà, con analoghi orrendi risultati, non possa verificarsi altrove, con vittime differenti e differenti carnefici.
Forse è già avvenuto, forse non lo sappiamo.
Ragione di più perché Auschwitz sia assunta a punto di riferimento centrale non soltanto per la storia tedesca, ma per la storia moderna in generale.
Il Fascismo e il Nazismo hanno rappresentato il frutto del «crollo della civiltà», rapidissimo e senza precedenti, che poté prodursi nel sistema statale altamente sviluppato di una società industriale già moderna.
Impossibile affrontare questo tema concentrandosi soltanto sul come e sui perché la società tedesca del 1930 cedette al Nazismo.
La barbarie di quel periodo rende non credibile qualunque analisi storica.
Accettare l'idea che non esista modo di spiegare alcuni degli eventi di maggior portata in tutta la storia mondiale - il crollo della civiltà che produsse Auschwitz - sarebbe invero arrendersi alla «misticizzazione ».
A questi consigli di disperazione bisogna resistere.
Occorre trovare gli strumenti per affrontare i due termini - contrapposti, ma in effetti intrecciati - della «normalità» e del genocidio.
E per far questo è necessario che i metodi della nuova storia sociale e di una storia strutturale politica vengano conciliati, e non mantenuti separati.
Un approccio duplice offre qualche possibilità.
Un costrutto tratto dalla letteratura costituisce un punto di partenza concettuale per il tentativo di capire le condizioni sociali e politiche nelle quali gli impulsi antiumanitari e antiemancipatori presenti in molte forme e processi della società industriale moderna possono conquistare una vasta - e micidiale - popolarità.
Il fenomeno del nazismo getta la luce più cruda sul volto della modernità di allora e sui disastri cui le crisi delle società e dei sistemi statali moderni possono condurre.
Il Terzo Reich può forse essere visto come una sorta di Cernobyl nella storia della società moderna, ossia come una catastrofe che non doveva necessariamente accadere, ma che è il frutto di una potenzialità presente nel carattere stesso della società moderna.
Lo stato «normale» di un reattore nucleare non è la fusione del nucleo.
Ma quella fusione è avvenuta, e può accadere ancora.
Lo stato «normale» di una moderna società industriale avanzata non è quella sorta di «fusione del nucleo» entro il corpo sociale che fu il Terzo Reich.
Ma il Terzo Reich è accaduto, e può accadere ancora.
Molti giovani alzano oggi quei simboli, non sanno neppure perché, ma lo fanno.
Le inquietanti tendenze dei nostri tempi, non ultime quelle emerse dopo il crollo dell'impero sovietico, sembrano indicare che la potenzialità è ancora tra noi.
Cernobyl, , non fu un incidente sul lavoro prodotto da circostanze imprevedibili e in assenza sia di cause strutturali, sistemiche, sia dell'intervento di abbagli ed errori di calcolo umani.
Un tipo diverso di reattore, o criteri differenti nella gestione del medesimo reattore, avrebbero potuto benissimo prevenire, o quanto meno ridurre in misura sostanziale i pericoli di catastrofe, pur se all'impiego di quel particolare reattore rimaneva comunque legato un certo grado di rischio.
Per quanto concerne quella «fusione del nucleo» sociale che fu il nazismo in Germania e il fascismo in Italia, ciò ci rinvia alla necessità di integrare fattori strutturali e personali nel tentativo di spiegare il crollo della civiltà nel Terzo Reich.
Nella «Cernobyl» sociale del Terzo Reich, del fascismo, di Hitler e di Mussolini, il ruolo singolo più cruciale tra tutti fu quello svolto dal capo del regime nazista da una parte e dal capo del fascismo dall’altra.
Gli scopi e le azioni di Hitler ebbero un'importanza cruciale.
Ciò che occorre fare è indagare le maniere in cui la società e il regime - i diversi gruppi sociali e le svariate componenti di un sistema politico sempre più frammentato - consentirono a un potere personalizzato di acquistare uno slancio crescente entro un sistema in condizione di crisi perpetua animato da mete millenaristiche; appoggiarono la straordinaria forma di leadership di Hitler e di Mussolini anche quando stavano portando verso l'abisso; diedero concretezza operativa alle maniera arbitrarie di prendere le decisioni; e trasformarono le loro visioni ideologiche in una terrificante realtà pratica.
Il passato nazista suscita in coloro che si trovano ad affrontarlo appassionati sentimenti di denuncia morale.
Ed è giusto che sia così.
E tuttavia, per quanto giustificati, e persino necessari siano questi sentimenti, a lungo andare la denuncia morale non può bastare, e rischia facilmente di alimentare non la comprensione, ma la leggenda .
E le leggende spesso creano ripetizioni, tautologie pericolose, simbiosi tragiche.
L'indignazione e il rifiuto morali hanno costantemente bisogno del sostegno di una comprensione storica reale, frutto di un'indagine autentica.
Il passato foggia il presente: una verità di cui la Germania costituisce un esempio molto chiaro, e nient'affatto sempre in un senso negativo.
L'affiorare di nuove forme di fascismo e di razzismo, più minacciose di quanto si sarebbe potuto immaginare anche solo pochi anni fa, rende oggi il compito di comprendere il disastro causato dal nazismo alla Germania e all'Europa più importante di quanto sia mai stato dopo la fine della guerra.
Certo, il contributo che lo storico specialista del nazismo e del fascismo può offrire alla lotta contro l'inquietante e avvilente risveglio del fascismo è modesto.
Ma, per quanto piccolo, ha un'importanza vitale.
La conoscenza è preferibile all'ignoranza e la storia è migliore del mito.
E quando l'ignoranza e il mito generano l'intolleranza razziale e una rinascita delle illusioni e delle idiozie del fascismo, queste verità ovvie meritano più che mai di essere tenute ben presenti.
Anche oggi.
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sabato 23 gennaio 2010
27 Gennaio 1945 Auschwitz "...il popolo tedesco non sa come uscire dalla sua vergogna..." A. MERKEL
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quaderni di frontiera