La strada che l’Italia dovrebbe intraprendere e che in pratica appare obbligata dagli eventi precipitosi della crisi mondiale in corso non può essere diversa dal provare a darsi una nuova strategia nazionale, una strategia complessiva in grado di farci sedere con diritto al tavolo dei grandi della terra.
Questo passaggio appare oggi quanto mai necessario per la nostra futura collocazione nel mondo, sia dal punto di vista del peso economico che potremmo avere sia dal punto di vista della credibilità del nostro sistema paese complessivamente.
I fatti degli ultimi tempi sono però inequivocabili e non richiamano ottimismo.
Infatti nessun membro italiano siede ai vertici di alcuna importante organizzazione internazionale.
La nostra credibilità, la nostra attendibilità oltre confini ha subito uno stop repentino con tutte le conseguenze che csi sono già percepite e altre che si possono anche immaginare.
Il peso politico del nostro paese sta diminuendo vistosamente sotto l’immobilismo di un governo incapace di fronteggiare la crisi se non con una sequela di annunci mediatici e fuori da ogni logica.
Ma il problema va ben oltre dato che non è soltanto una questione di immagine ma un fatto che colpisce profondamente gli interessi nazionali.
La crisi di cui tanto si parla e nei confronti della quale si cercano ovunque ricette salvifiche è la crisi che si spande nel mondo e in Europa, non è quindi solo una crisi nazionale, non è una questione solo italiana ma in tutto il mondo e in tutta Europa appunto.
Noi siamo dentro questa crisi che è quindi dell’Europa e dell’Italia.
Pertanto il problema di vedere in regressione il nostro peso internazionale non è giustificabile evocando il fattore di recessione che ci ha investito, perché ha investito tutti ed è un fatto globale.
In effetti l’Europa è diventata la madre di un paradosso politico, una particolarità che porta gli Stati dell’Unione a spingere e sostenere politiche conservatrici, mentre in tutto il mondo si guarda verso politiche progressiste, anche in paesi storicamente governati dalle destre.
La classe dirigente Italiana che oggi ha in mano il nostro destino appare incapace di porsi come interlocutore credibile sul teatro internazionale.
Nel nostro paese tutti questi ingredienti conservatori, tutti questi contenuti culturalmente incapaci di indicare un obiettivo, tutta questa spinta a destra fatta di regressione nazionalistica, di ricerca e imposizione dell’ordine, con l’illusione che ci si difenda da un nemico esterno sempre evocato attraverso fasi protezionistiche, con un forte sentimento di repulsione verso gli immigrati, ci mettono su un piano di diffidenza oramai diffusa.
Non potrebbe essere diverso perché tutte queste componenti della destra più conservatrice fanno lievitare un pasticcio fatto di ingredienti fortemente regressivi e preoccupanti, come paese siamo quindi evitati il più possibile da partnership estere, siamo poco se non per nulla considerati e chiamati alle definire decisioni strategiche nell’economia, nella ricerca della stabilità nei conflitti.
Ma la situazione che ci circonda cambierà il mondo, quindi anche il nostro paese, il nostro modo di crescere economicamente, socialmente, le nostre abitudini.
La storia della politica internazionale parla chiaro e da alcune indicazioni sul futuro italiano.
Almeno negli ultimi 60 anni tutta la ricchezza prodotta nel mondo è stata fondamentalmente gestita da pochi Stati, essenzialmente è stata sempre nella disponibilità di quelle nazioni che si contavano sulle dita di una mano, quei 5-6-7 paesi del mondo occidentale occidentali più abbienti, più facoltosi, più ricchi appunto, basta ricordarsi dei vari G7 - G8 che si sono succeduti.
In questo tempo l’Italia è arrivata ad essere la 5 o la 6 potenza economica del mondo nonostante uscisse tragicamente come è noto dal II° conflitto mondiale.
Ma nel prossimo futuro, quindi nell’arco di tempo che si staglia intorno ai prossimi 15 o 20 anni questo scenario di distribuzione della ricchezza è destinato a cambiare, e cambierà in modo radicale, ribaltando le posizioni e il peso dei vari paesi.
Il paese più ricco del mondo e quindi produttore di maggiore ricchezza sarà la Cina, pur con tutte le sue note criticità sociali e umane oltreché ambientali.
Gli Stati Uniti si troveranno subito dietro al colosso orientale.
Poi dovremmo trovare l’Europa, ma questo è il dramma : l’Europa non c’è.
L’Europa non viene presa in considerazione perché non ha una sua compattezza concreta e quindi viene spacchettata in singoli Stati.
Al 3° posto siederà l’India con il suo sviluppo impetuoso e costante, seguita dal Giappone, quindi dal Brasile.
Spunta solo ora un primo Stato europeo che sarà la Germania.
E l’Italia?
L’Italia si troverà sbalzata intorno al 18° posto, forse oltre prevedono gli economisti, ben lontano dal risultato raggiunto fino a ieri, molto lontano.
Quindi noi siamo entrati in una fase di profonda trasformazione del mondo in cui il nostro paese rischia seriamente di vedere ridotto il suo ruolo internazionale e il suo peso nel sistema economico mondiale
Questa è la realtà del paese.
Bisogna capire che il terreno della sfida è questo.
Un grande partito riformista deve dare una risposta a questa sfida ed essere in grado di indicare una frontiera coraggiosa di trasformazione del paese che possa offrire una speranza alle nuove generazioni.
Vivere di rendita, basandosi sul passato, non è più possibile e non serve.
Servono proposte coraggiose attorno alle quali costruire condivisione, una grande forza politica che ha ambizioni di governo deve essere in grado di fare questo, anche a costo di sacrificare qualcosa di se stessa.
Questo passaggio appare oggi quanto mai necessario per la nostra futura collocazione nel mondo, sia dal punto di vista del peso economico che potremmo avere sia dal punto di vista della credibilità del nostro sistema paese complessivamente.
I fatti degli ultimi tempi sono però inequivocabili e non richiamano ottimismo.
Infatti nessun membro italiano siede ai vertici di alcuna importante organizzazione internazionale.
La nostra credibilità, la nostra attendibilità oltre confini ha subito uno stop repentino con tutte le conseguenze che csi sono già percepite e altre che si possono anche immaginare.
Il peso politico del nostro paese sta diminuendo vistosamente sotto l’immobilismo di un governo incapace di fronteggiare la crisi se non con una sequela di annunci mediatici e fuori da ogni logica.
Ma il problema va ben oltre dato che non è soltanto una questione di immagine ma un fatto che colpisce profondamente gli interessi nazionali.
La crisi di cui tanto si parla e nei confronti della quale si cercano ovunque ricette salvifiche è la crisi che si spande nel mondo e in Europa, non è quindi solo una crisi nazionale, non è una questione solo italiana ma in tutto il mondo e in tutta Europa appunto.
Noi siamo dentro questa crisi che è quindi dell’Europa e dell’Italia.
Pertanto il problema di vedere in regressione il nostro peso internazionale non è giustificabile evocando il fattore di recessione che ci ha investito, perché ha investito tutti ed è un fatto globale.
In effetti l’Europa è diventata la madre di un paradosso politico, una particolarità che porta gli Stati dell’Unione a spingere e sostenere politiche conservatrici, mentre in tutto il mondo si guarda verso politiche progressiste, anche in paesi storicamente governati dalle destre.
La classe dirigente Italiana che oggi ha in mano il nostro destino appare incapace di porsi come interlocutore credibile sul teatro internazionale.
Nel nostro paese tutti questi ingredienti conservatori, tutti questi contenuti culturalmente incapaci di indicare un obiettivo, tutta questa spinta a destra fatta di regressione nazionalistica, di ricerca e imposizione dell’ordine, con l’illusione che ci si difenda da un nemico esterno sempre evocato attraverso fasi protezionistiche, con un forte sentimento di repulsione verso gli immigrati, ci mettono su un piano di diffidenza oramai diffusa.
Non potrebbe essere diverso perché tutte queste componenti della destra più conservatrice fanno lievitare un pasticcio fatto di ingredienti fortemente regressivi e preoccupanti, come paese siamo quindi evitati il più possibile da partnership estere, siamo poco se non per nulla considerati e chiamati alle definire decisioni strategiche nell’economia, nella ricerca della stabilità nei conflitti.
Ma la situazione che ci circonda cambierà il mondo, quindi anche il nostro paese, il nostro modo di crescere economicamente, socialmente, le nostre abitudini.
La storia della politica internazionale parla chiaro e da alcune indicazioni sul futuro italiano.
Almeno negli ultimi 60 anni tutta la ricchezza prodotta nel mondo è stata fondamentalmente gestita da pochi Stati, essenzialmente è stata sempre nella disponibilità di quelle nazioni che si contavano sulle dita di una mano, quei 5-6-7 paesi del mondo occidentale occidentali più abbienti, più facoltosi, più ricchi appunto, basta ricordarsi dei vari G7 - G8 che si sono succeduti.
In questo tempo l’Italia è arrivata ad essere la 5 o la 6 potenza economica del mondo nonostante uscisse tragicamente come è noto dal II° conflitto mondiale.
Ma nel prossimo futuro, quindi nell’arco di tempo che si staglia intorno ai prossimi 15 o 20 anni questo scenario di distribuzione della ricchezza è destinato a cambiare, e cambierà in modo radicale, ribaltando le posizioni e il peso dei vari paesi.
Il paese più ricco del mondo e quindi produttore di maggiore ricchezza sarà la Cina, pur con tutte le sue note criticità sociali e umane oltreché ambientali.
Gli Stati Uniti si troveranno subito dietro al colosso orientale.
Poi dovremmo trovare l’Europa, ma questo è il dramma : l’Europa non c’è.
L’Europa non viene presa in considerazione perché non ha una sua compattezza concreta e quindi viene spacchettata in singoli Stati.
Al 3° posto siederà l’India con il suo sviluppo impetuoso e costante, seguita dal Giappone, quindi dal Brasile.
Spunta solo ora un primo Stato europeo che sarà la Germania.
E l’Italia?
L’Italia si troverà sbalzata intorno al 18° posto, forse oltre prevedono gli economisti, ben lontano dal risultato raggiunto fino a ieri, molto lontano.
Quindi noi siamo entrati in una fase di profonda trasformazione del mondo in cui il nostro paese rischia seriamente di vedere ridotto il suo ruolo internazionale e il suo peso nel sistema economico mondiale
Questa è la realtà del paese.
Bisogna capire che il terreno della sfida è questo.
Un grande partito riformista deve dare una risposta a questa sfida ed essere in grado di indicare una frontiera coraggiosa di trasformazione del paese che possa offrire una speranza alle nuove generazioni.
Vivere di rendita, basandosi sul passato, non è più possibile e non serve.
Servono proposte coraggiose attorno alle quali costruire condivisione, una grande forza politica che ha ambizioni di governo deve essere in grado di fare questo, anche a costo di sacrificare qualcosa di se stessa.