Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

mercoledì 16 dicembre 2009

Fame : La regina che muove il mondo

Capita che a volte mentre siamo assorti nei nostri pensieri, magari dal dottore o dal parrucchiere ci passi sott’occhio l’articolo di qualche rivista che nell’attesa del nostro turno sfogliamo senza interesse.
Altre volte mentre siamo sdraiati sul divano e stiamo per addormentarci a causa del telegiornale che spesso da notizie funeste succede di memorizzare il volto di qualcuno o la voce di qualche intervistato.
Lì per lì, sia nell’uno che nell’altro, caso tutto va in un angolo sperduto del nostro cervello essendo argomenti che non interessano l’immediato, e li restano, coperti di polvere e ragnatele, archiviati per sempre, fino a quando parlando con qualcuno ci ricordiamo che forse avevamo già sentito qualcosa di attinente alla discussione in corso e ci mangiamo le mani per non poter fare sfoggio di cultura generale, ma oramai di quell’archivio abbiamo gettato via la chiave e non ci ricordiamo più.
Come successe alla NASA per esempio, di sicuro il filmato dell’allunaggio del ’69 c’è, figuriamoci, è da qualche parte ma ora che serve non lo trovano più.
Ci sono invece frasi o fotografie che invece meriterebbero un approfondimento o qualche considerazione, queste righe appartengono a questa categoria.
Tempo fa una di quelle emittenti di paese che vendono mestoli e materassi, faceva bella mostra di se mostrando una rassegna stampa di giornali locali, di quei quotidiani che li conoscono solo quelli del condominio, e tra una notizia e l’altra il conduttore con il suo spiccato accento piemontese faceva il verso alle grandi testate nazionali evidenziando a colori i titoli; in un fallito sforzo di internazionalità uno di questi titoli diceva che l’obesità, nuovo flagello del secolo, sta per essere vinta grazie ad un pool di scienziati che ci sta lavorando.
Seguiva la pubblicità di una crema dimagrante.
E’ questa una notizia che dovrebbe far riflettere pur nel suo gossip intriso di leggerezza, non solo perché è una stupidaggine ma perché sono ben altri i flagelli dell’umanità, e uno di questi è proprio il contrario dell’obesità, cioè la fame.
Spesso storia e cibo ci accompagnano ogni giorno, anche se, presi come siamo dai nostri impegni, non ne siamo coscienti, almeno fino a quando un vuoto allo stomaco ci distoglie dal nostro fare, spingendoci a ingurgitare qualcosa di buono.
A volte soffriamo la fame per necessità, oppure per caso, o ancora perché frutto di una precisa scelta personale o dettata da sedicenti guru venditori di quella linea perfetta che non avremo mai.
Ma c’è invece chi la fame la subisce per povertà, chi la sceglie scioccamente per dimagrire o chi la utilizza per protestare, non ci pensiamo mai, ma la fame è un elemento essenziale della nostra vita, o meglio l’appetito, perché la fame, quella vera è un’altra cosa come ben sanno molti di coloro che sono passati attraverso l’ultima guerra, fame vera e propria. Come quella che sta distruggendo nella culla milioni di bambini in tutto il mondo più povero.
A chi di noi non è capitato di non riuscire a riposare a causa di uno stomaco che gracchia nel vuoto assoluto?
Però noi sappiamo bene che ogni mattina la fame bussa alla nostra porta e ci costringe a sopportarla anche se solo per una decina di minuti.
Con lei conviviamo fino a quando riusciamo a fagocitare una parvenza di colazione e poco importa che sia liquida o solida, poi durante il giorno possiamo disintegrare un tramezzino oppure decidere addirittura di saltare il pranzo, possiamo mangiare a sazietà, mangiare poco oppure non mangiare per niente.
Non tutti possono scegliere così.
Ma il cibo qualunque esso sia (o la sua mancanza) sarà una presenza sempre costante nei nostri pensieri durante tutta la giornata, lavorativa o meno che sia.
Soffriamo quindi la fame per una scelta, ma anche per necessità, oppure per disgrazia quando per la fretta dimentichiamo a casa il pacchettino di crackers e il portafogli, possiamo digiunare obbligatoriamente per colpa di una carestia improvvisa che ci coglie impreparati o ancor peggio perché siamo nati sfortunati in una famiglia povera, o ancora perché vogliamo diventare più magri e attraenti, soprattutto quando corriamo dietro a modelli di vita che non ci appartengono, con risultati nulli quando va bene, e a volte quando va male irreparabilmente tragici.
A volte invece non mangiamo abbastanza perché il nostro stipendio, (quello si che è magro e spesso precario) non ci permette di rifocillarci come vorremmo imponendoci delle scelte non volute tipo focaccia o aspirina, pizzeria o bolletta della luce, dentista per noi o buoni pasto ai figli.
E’ corretta quindi la tesi secondo la quale sono molto maggiori le condizioni di sovrappeso in classi sociali che hanno meno problemi economici.
A volte invece mangiare a sazietà per qualcuno è necessario, anzi indispensabile, soprattutto per chi lavora in condizioni critiche e complicate che richiedono grande manualità e attenzione, immaginate un chirurgo che ci sta operando a cuore aperto con le mani tremanti dal vuoto allo stomaco, diventeremmo dei novelli S.Sebastiano in pochi minuti, oppure un ricercatore che sposta come il gioco dei bussolotti bacilli di Vaiolo, Ebola o Peste Nera su un vetrino piccolissimo rischiando con l’instabilità fisica portata dai crampi della fame di far cadere a terra un’arma letale. In entrambi i casi saremmo spacciati.
Digiuniamo, scioccamente a giudizio di molti, anche per protestare contro qualcosa o contro qualcuno, in modo più o meno convinto dato che non è chiaro perché chi fa lo sciopero della fame si nutra durante l’impresa di cappuccini, dichiarando di esercitare un “teologico controllo sull’esistenza.”
Ci sono popoli dell’Africa, Somali o Eritrei che vorrebbero partecipare a scioperi di questo tipo, sciopererebbero dal mattino alla sera con gioia.
Dunque, buona parte della storia dell’uomo si potrebbe scrivere dal punto di vista della mancanza di cibo.
Le domande da porre potrebbero essere le seguenti: cos’è la fame? Quali sono i meccanismi biologici che sono alla base di questo atto irrinunciabile per ogni essere vivente? Come vincerla?
All’ultima domanda si può rispondere subito con un semplicistico “Basta mangiare”, il punto è che questo esercizio pur se voluto non è alla portata di tutti i popoli visto che nel mondo 30.000 bambini muoiono tutti i giorni di stenti e privazioni, una situazione della quale dovremmo vergognarci e che meriterebbe approfondimenti ben più seri da affrontare con la dovuta umiltà e il necessario rispetto verso questa assurda tragedia.
E’ questa la sfida da vincere non l’obesità.
Chi scrive pur non essendo né un biologo né un nutrizionista, è giunto alla conclusione, non certo assiomatica e del tutto personale, che come tutte le cose semplici anche questa annoverata tra le più importanti ha alla base un problema di comunicazione.
Quindi per non suscitare le giuste ire e gli scherni degli addetti ai lavori proviamo a dire qualcosa in merito che non sarà certo esente da lacune, ma si spera apprezzato come sforzo di comprensione per dare una personale soluzione al quesito esistenziale in oggetto.
A quanto ci è dato sapere ci sono un paio di sostanze nella chimica della fame, sono due ormoni che i ricercatori, anziché chiamarli Franco, Giorgio o Luisa, per complicare il tutto hanno chiamato “grelina” e “leptina”, le cui funzioni potremmo riassumerle sinteticamente così : il primo lo produce lo stomaco vuoto e manda il messaggio al cervello : “dammi qualcosa da mangiare “, ci sono stati volontari umani ai quali è stata iniettata la “grelina” e la loro reazione è stata quella di continuare a mangiare al ricco buffet approntato per l’occasione, quando tutti gli altri commensali avevano finito da un pezzo.
E fino qui tutto bene, il punto che però vorrei sottolineare e porre all’attenzione di chi legge, è che negli Stati Uniti dove si è svolto il test i volontari vengono sempre assoldati, dietro compenso di una manciata di dollari, negli strati più poveri della popolazione, non a Wall Street ma nel Bronx più profondo, non nel Rockfeller Center ma nei condomini portoricani, dove la fame è cronica indipendentemente dagli ormoni.
Comunque una certa dose di inattendibilità in questo caso resta, anche se non viene in mente a nessuno di contraddire risultati scientifici di tale portata, specialmente al sottoscritto le cui cognizioni in materia si fermano alla differenza tra cachet e supposte, distinguibili per forma e soprattutto per il modo di somministrazione che non può dare adito a dubbi.
Il secondo ormone, la “leptina”, dice invece al nostro cervello quanto grasso abbiamo accumulato e quindi avvisa di smettere di mangiare, un segnale che spesso resta inascoltato per colpa di un certo “Start 3”, che non è la nuova nave spaziale del dott. Spook, ma è un recettore che non da retta a nessuno, mandando su tutte le furie i solerti ricercatori americani, i quali sull’onda lunga dell’Enduring Freedom aziendale hanno predisposto un piano, poi abbandonato, di invasione e lotta ai recettori non allineati.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta quindi classificando non la fame, ma l’obesità come un problema sanitario sempre più importante (non come un flagello), fino a parlare di una vera e propria epidemia, visto che circa la metà degli adulti ne è affetta in paesi come gli USA, l’Inghilterra o l’Arabia Saudita.
Capire come controllare la fame diventa quindi una questione di salute, ma come tutte le questioni mondiali anche di denaro : chi trovasse il modo di far ignorare al nostro cervello i morsi della fame avrebbe trovato una cura contro l’obesità e automaticamente avrebbe fatto la sua fortuna.
E qui si fermano gli appunti di Biologia, lo scherno e inizia la riflessione.
La fame è molto di più delle lotte tra ormoni disobbedienti e recettori incontrollabili, la fame può essere ed è stata uno strumento, di protesta, di oppressione, di conquista, di tortura, è la storia che ce lo insegna, soltanto che quando la studiamo questo aspetto passa in secondo piano e si privilegia l’attenzione mnemonica su date di battaglie, nomi di Imperatori e Re, Papi, rivoluzioni e restaurazioni, ma se proviamo a fare esercizio picomirandoliano troveremo fatti enormi che hanno cambiato le culture e gli assetti geo politici di parti del pianeta.
Potrà sembrare strano ma quelli che seguono sono solo alcuni degli avvenimenti più eclatanti, quelli che tutti conosciamo, e sui quali sarebbe bene riflettere.
La fame dunque come strumento.
Sorvolando sull’aspetto mitologico del supplizio di Tantalo a tutti noto e venendo a fatti certi, vediamo come le grandi città del passato, per esempio Costantinopoli e molte altre, caddero per fame dopo lunghi assedi, e fu la fame lo strumento usato da Ghandi per ottenere l’Indipendenza dell’India, se ne parla ampiamente nella storia d’oltre Manica, e si capisce con sorpresa che i 17 digiuni personali del Mahatma e i 12 di massa quasi mai erano contro gli inglesi, si potrebbe ricordare anche quella decina di giovani irlandesi repubblicani morti negli anni ’80 all’interno delle galere britanniche rifiutandosi di mangiare per protestare conto la monarchia.
Ma la fame è anche una professione, chi non ricorda quell’illusionista che pochi anni fa restò per 40 giorni senza cibo chiuso in una scatola di vetro appeso di fronte al Big Ben, in cambio di un contratto pubblicitario?
La storia Irlandese poi ci racconta di un milione di persone che intorno al 1850 morirono di fame a causa di una malattia che colpì le piantagioni di patate divenute unico sostentamento della popolazione, altri due milioni furono costrette ad espatriare verso l’America praticamente abbandonando l’isola, ma quasi la metà non superò l’oceano entrando nella catena alimentare di squali e orche.
Ma c’è di più : la fame usata come tragico esperimento.
Dal 1940 al 1943 un gruppo di medici ebrei, che per i noti motivi non potevano esercitare liberamente la professione, si associarono per studiare la malattia della fame, e fecero i loro studi in una città che all’epoca non era tra le più tranquille : Varsavia.
Comunque, benché nella costante paura di perdere la vita decisero di studiare questa malattia che conoscevano molto bene, e scoprirono che le calorie con le quali vivevano, o meglio sopravvivevano, le persone chiuse come loro nel ghetto di Varsavia erano pochissime.
Le razioni consentite da Hitler al popolo eletto e ariano ammontavano a 2700 al giorno per persona, mentre quelle per gli ebrei solo 1900 al giorno, ma suddivise per 10 persone.
Uno di questi medici ebrei riuscì però a scrivere un diario su questi studi, il quaderno venne ritrovato semi bruciacchiato da un ufficiale dell’Armata Rossa nello studio di Himmler a Berlino e il luogo del ritrovamento ci racconta nel suo tragico silenzio la fine di quei medici.
Il medico scrisse testualmente “..…la fame è il fattore più importante della vita quotidiana per noi ebrei, i suoi sintomi si manifestano in lunghi cortei di mendicanti e file interminabili di cadaveri maleodoranti ad ogni angolo di strada, dopo 50 autopsie su questi poveri resti abbiamo la certezza che la causa principale dei decessi riguarda solo la mancanza di cibo; il fegato, i reni e la milza diventano più piccoli e leggeri, il midollo osseo diventa gelatina e i muscoli si atrofizzano, ma il peso del cervello rimane invariato e il soggetto sa di morire……”
I medici vennero venduti probabilmente per un tozzo di pane, e iniziarono le deportazioni in massa degli ebrei da Varsavia, furono caricati sui treni diretti a Treblinka e Birkenau quasi senza resistenza con un espediente semplice e crudele : le SS fecero pubblicare e affiggere numerosi manifesti dove a lettere cubitali in tedesco e ebraico si diceva che ogni ebreo che si fosse offerto per salire sul treno avrebbe ricevuto 3 Kg di pane e 1 Kg di marmellata.
Alla stazione ferroviaria si presentarono migliaia di persone stremate, salirono sul treno per andare al massacro, ma la storia racconta che non ebbero né il pane né la marmellata.
Però la fame può essere anche una scelta di tipo mistico, o una convinzione religiosa, dato che quasi tutte le religioni prevedono momenti di digiuno per concentrare il pensiero verso la ricerca di Dio o di Allah, tanto per ricordarne un paio senza nulla togliere agli altri, la fame chiamata digiuno purificatore per offrire penitenza o per prepararsi alla rivelazione.
Infine la fame indicata come una scelta di salute e benessere, gli interessati venditori di questa stupidaggine affermano, dall’alto della loro spesso ostentata obesità, che soffrire un pò la fame potrebbe fare bene, e sponsorizzano le loro bislacche teorie secondo le quali il digiuno aiuterebbe il corpo a disintossicarsi.
La fame quindi come terapia, che però gli alchimisti delle diete lasciano praticare volentieri ad altri.
Vorrei puntualizzare per dovere di precisione che non si è mai sentito nessun abitante della Favelas di Rio de Janeiro dire che il suo benessere è la fame, che è contento di non mangiare, altrimenti non si spiegherebbe il fatto che in quelle zone della periferia carioca ci si contende un topo morto a colpi di pistola, o si scambia la colla da sniffare come anti-fame con una borsata di insalata marcia.
Non si è mai sentito una ragazzina di Bangkok di dodici o tredici anni dire che ha lo stomaco vuoto ma è felice, non si spiegherebbe il fatto che per essere infelice ma a pancia piena cedesse allo stupro di vecchi pervertiti e di giovani maniaci balordi.
Non si è mai sentito un dottore dire a un paziente che la cura dei suoi mali è il patire la fame. E si potrebbe continuare.
Ma attenzione, c’è un altro ormone, sfuggito ai ricercatori dell’ingordigia, un ormone che non si vede al microscopio, ma pericolosissimo, che vive nell’etere, si moltiplica a dismisura senza alcuna sollecitazione, si insinua nelle nostre menti e nella nostra vita, modificando ogni azione solidale spingendola verso l’indifferenza, forzando ogni atto umanitario in vergognosa e voluta cecità : è l’ormone del menefreghismo, del voltare la faccia dall’altra parte.
La sua funzione devastante è oramai diventata un’epidemia difficilmente controllabile, i suoi lunghi tentacoli sono posati su ogni cosa che rivesta caratteri di generosità, si è diffuso ovunque, è tra noi con la sua forza distruttiva e letale, domina le menti spingendo masse di disperati provenienti da ogni dove sulle nostre coste dove spesso non arrivano, suo è oramai il potere sul pensiero, alla sua mercè ha piegato l’intelletto dell’uomo imponendogli loschi traffici che portano viveri e medicinali scaduti nei paesi allo stremo delle forze.
E’ la sua azione sconvolgente che si insinua silenziosa e fatale nei nostri cervelli distruggendo la ragione che porterebbe alla solidarietà.
Ci sono paesi nel mondo dove la notte ha la durata del giorno, dove nel buio delle praterie brillano di lacrime occhi grandi e vuoti, e quando si sente un fruscio non sono le foglie mosse dal vento della savana, sono l’ultimo respiro di un altro bambino che abbiamo tradito.
Ci sono paesi nel mondo dove la stagione del sorriso non è ancora stata inventata, ma non dobbiamo smettere di cercarla, in quegli occhi grandi, in quei fruscii, perché non siano più gli ultimi, bisogna trovarla, perché non resti solo un’illusione nel calendario dei loro giovani e innocenti sogni.
Sarebbe questa la riflessione da fare.