Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

venerdì 27 novembre 2009

Riformismo : la sfida non riguarda il passato

Quando la sinistra italiana, quando il mondo progressista italiano si mette su un nuovo cammino, nella sua svolta getta sempre qualcosa di temerario, ed è piuttosto difficile dire ciò che avverrà.
Non è dato sapere se riuscirà ad innestare nella società italiana quel nuovo percorso culturale che è parte fondamentale del suo DNA, e neppure se questo suo sforzo evolutivo verrà letto e accolto con la stessa passione dei suoi tanti convinti promotori.
L’accelerazione della storia mondiale, le sue crisi devastanti, le nuove sfide energetiche e della sostenibilità ambientale, il lavoro che diviene effimero, le gravi diseguaglianze sociali, i conflitti e gli scontri etnici, le grandi migrazioni di interi popoli, l’impatto della globalizzazione, sono tutte questioni che devono essere affrontate contemporaneamente.
Tutto ciò rende il quadro nazionale e internazionale piuttosto complicato per qualunque movimento della sinistra riformista e l’agenda politica diviene molto impegnativa.
Qualcuno dice che ci sarà bisogno di tutti, e ha ragione, nessuno potrà più chiamarsi fuori pago delle rendite di posizione.
Si torna tutti in gioco per il bene collettivo e non di parte.
Già capire questo sarebbe un grande primo passo.
Ma iniziare a ricostruire un’identità a questa sinistra porta ad una ricerca più vasta che sappia guardare anche al di fuori del suo campo storico, serve una nuova percezione della vita sociale calandosi nella sua realtà, serve una nuova attrezzatura che regga l’impatto di quegli eventi che già stanno modificando l’esistenza di ognuno di noi, servirà un nuovo progetto per dare soluzioni percorribili.
Molte delle questioni che sono sul tavolo oggi hanno preso forma da un mondo governato da scenari di saccheggio e il mondo è andato avanti privo di quello che era stato fino a pochi anni fa il suo vecchio equilibrio, un equilibrio pericoloso fin che si vuole ma sul quale si era innestato un dominio culturale oltreché politico e militare.
Scenari scomparsi così come erano stati conosciuti e trasformatisi in nuove ostilità, nuovi scontri non più sotterranei che esplodono in tutta la loro tragicità, emergenze sociali, finanziarie, climatiche che presentano ora il conto ad una umanità che si trova disarmata e incapace di accelerare sulla via di uno sviluppo più sostenibile.
Nascono domande che chiedono risposte, perplessità che vanno spiegate, paure e timori che vanno attenuati, prospettive che vanno costruite, identità che vanno ritrovate.
Identità riformiste che si sono sviluppate e hanno preso forma nel corso del lungo cammino della Repubblica nelle lotte del socialismo, del cattolicesimo democratico, nell’Associazionismo, nel liberalismo di Russell, Bobbio e di tanti altri.
Ma queste forze progressiste, con la loro identità che oggi appare sfumata e dispersa nel comune sentire hanno ancora la forza per ricomporre e ritornare alle radici di un quadro Istituzionale e sociale fondato sulla moralità, sulla giustizia e sulla democrazia?
Legittimi quesiti, ma riformismo e socialismo sono ancora in grado di costruire futuro per le società oppure la globalizzazione ha decretato la fine della politica della quale sono portatori?
Questione dirimente.
O si è convinti della possibilità di recupero della forza creativa della politica oppure il destino sarà segnato, si subirà impotenti in suo inevitabile declassamento anche se non la sua definitiva scomparsa.
O si è convinti la politica possa riprendere il suo ruolo democratico oppure la perdita di quel legame antico e ferreo che lega l’azione di un collettivo alla libertà dei singoli svanirà.
“Il legame tra l’agire collettivo e una maggiore libertà dei singoli” Così scriveva Antonio Gramsci molti anni fa e colpisce l’attualità del suo pensiero.
Se questo legame si spezza, se il collante che unisce si dissolve la politica si ridurrà a semplice servilismo, una semplice e deprimente esecuzione di compiti dettati soltanto dal mondo dell’economia e soltanto dal mercato.
Questa sfida per la sinistra è vitale, ridare centralità all’azione pubblica è la condizione perché il termine socialismo abbia un senso, abbia una prospettiva che sia in grado di espandersi oltre i naturali confini nazionali e contamini l’Europa.
Quale funzione può ricoprire e di quale utilità può farsi carico oggi il riformismo in una dimensione globale della politica, dell’economia, del sapere, e naturalmente della sicurezza considerata, sappiamo a quale costo, valore e principio indivisibile?
Siamo in grado di dare certezze sul possesso di quelle risorse, di quegli strumenti, di quelle parole che rendono la società partecipe delle trasformazioni in corso mettendola al riparo da pericolose derive populiste e reazionarie?
Oppure si è convinti che il ripiegamento su una posizione più casereccia sia una via oramai obbligata, riconoscendo intrinsecamente il fallimento del progressismo e la vittoria del liberismo che tanti danni ha procurato?
O ancora, si è convinti che sia strada obbligata il cedimento alla deregulation mercatista rinunciando al governo democratico della globalizzazione?
Tali questioni non possono che essere prioritarie a tutto il resto che diviene conseguenza delle scelte che su questo si compirà.
Conseguenza nel senso che tutti i contenuti, tutte le strategie e tutti i programmi non possono che seguire la collocazione che una politica riformista deve preventivamente avere, manifesti riformisti non possono che venire dopo la definizione di una nuova identità, dopo la scelta della strada da seguire, dopo aver individuato i grandi obiettivi che una forza politca di una sinistra moderna deve porsi come obiettivo per il benessere sociale.
E questo è tanto più vero in una realtà come quella che si vive oggi, una realtà che da tempo rivoluziona le nostre certezze sulla natura rigida dei confini, sulla sovranità degli Stati, evidenzia una frammentazione è un rimescolamento confuso degli interessi generali che passano in second’ordine e interessi particolari e personali portati in prim’ordine.
La sfida non riguarda quindi il passato.
Non lo riguarda più perché l’essere stati «qualcosa» non è in sé sufficiente a dare risposta al problema democratico.
La questione ci interroga sul nostro oggi ma soprattutto sul nostro futuro, su quello che si vuole essere e sulla funzione che si vuole assolvere.
Non si può sempre provare ostinatamente ad accendere lampade antiche per rischiarare un passato che non può tornare.