Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

mercoledì 11 novembre 2009

Il respiro della CGIL

Si aprirà nella prossima primavera il XVI congresso della CGIL e vedremo le due piattaforme di discussione che saranno presentate in quella sede, "I diritti e il lavoro oltre la crisi" e "la CGIL che vogliamo"
Il congresso si terrà nel pieno della crisi economica in corso, un momento difficile, forse il più difficile del dopoguerra per il nostro paese.
Migliaia di famiglie falcidiate dalla disoccupazione, dalla cassa integrazione, dalla chiusura di stabilimenti, migliaia di lavoratori, uomini e donne di ogni età oramai allo stremo delle loro forze, senza risorse e senza alcun aiuto dalle Istituzioni, rassegnate ad un destino che sembra irrecuperabile.
In questo quadro sociale il più grande e rappresentativo sindacato italiano proverà a dare le sue indicazioni, proverà a proporre soluzioni alla sofferenza sociale dilagante e troppo diffusa.
Proverà a farsi ascoltare dal mondo del lavoro, dell'impresa e delle Istituzioni.
Non sarà semplice, ma bisogna che ci provi, lo sa il suo Segretario, lo sanno i lavoratori.
La necessità attuale, se ad una sola vogliamo ridurla in una non corretta semplificazione, potremmo definirla la ricerca di una dignità del lavoro.
Dignità di mantenere la propria famiglia, di fare studiare i propri figli, di poter assistere i propri anziani, insomma nulla di particolarmente nuovo, una cosa normale in un paese normale, ma così non è.
La sofferenza è estesa a troppe parti del paese, e non solo in Italia.
Tutto si è maledettamente complicato dopo la corsa dietro alle sirene della finanza creativa, ai soldi fatti con i soldi, soldi che puzzavano di sudore di milioni di lavoratori in tutto il mondo.
Quando si dimentica la produzione, quando si va verso facili guadagni alla fine non resta nulla, solo capannoni abbandonati e tanta, troppa miseria.
Lo sfogo di tanta sofferenza la possiamo vedere arrampicata su un carro ponte, sul tetto di una fabbrica, nell’occupazione delle officine artigiane, nei volti degli insegnanti rimasti senza stipendio.
La domanda sociale è perciò molto complessa, per gli uomini e per le donne, sia quella che viene dai giovani disoccupati, da chi studia, dagli anziani.
Anche da chi lavora, spesso sottoposto a pressioni ricattatorie portate dal bisogno e dalle necessità.
A questa domanda sociale il lungo respiro della CGIL deve dare una risposta nel suo congresso.
Lo deve fare proprio per il peso storico e rappresentativo che ha nel nostro paese.
Non può chiamarsi fuori come hanno fatto altri, non lo ha mai fatto e non lo farà oggi.
E’ nel territorio in continua trasformazione che questa domanda sociale si intreccia con il bisogno, con i diritti di tanti altri soggetti, immigrati, studenti, lavoratori, precari, disoccupati, donne e uomini.
Categorie sociali che esprimono esigenze e necessità articolate, ma a ben vedere affini nel loro denominatore comune, la ricerca della dignità.
Questi bisogni non valgono soltanto per una parte del paese, ma valgono tanto al nord quanto al sud, e non possono essere distinti in modo secessionistico.
Le istanze nascono nel territorio, in tutto il territorio nazionale, tanto al sud come al nord, e tutte vanno ascoltate, raccolte, interpretate e rappresentate.
Un compito non facile anche per un sindacato come la CGIL, ultimamente lasciato troppo solo da chi invece doveva e poteva sostenerne le battaglie sociali.
Le cose parrebbero cambiare, per fortuna.
Sta prevalendo nel paese un’ideologia solitaria ed egoista che rischia di far precipitare il mondo del lavoro in divisioni deleterie per tutto il tessuto produttivo nazionale, si rischia il precipitare in una sorta di guerra civile molecolare, una guerra tra poveri si sarebbe detto anni fa.
E non sarà facile nonostante tutto strappare le persone dal torpore portato dalla mediaticità dell’informazione che dipinge un mondo colorato, dove tutto va bene, dove non c’è crisi, dove tutti sono felici e sereni.
La concorrenza di tale virtualità che si vuole imporre nascondendo il vero mondo è molto forte, immagini seducenti che escono dagli schermi spesso disegnano un mondo che non c’è.
Il tentativo in corso è la divisione del mondo del lavoro.
Un mondo importante, che pesa, che è determinante, ma che sarà molto più debole se diviso al suo interno.
Quando il tessuto della coesione sociale viene lacerato oltre un certo limite non è solo la convivenza a soffrirne ma è anche la democrazia che si incrina, lasciando spazio alla libertà dei furbi e dei prepotenti.
Per queste ragioni la CGIL non può arrendersi, anche se la battaglia divenisse solitaria.
Contribuire alla costruzione di un modello sociale diverso da quello che si sta cercando di imporre è oggi uno dei suoi compiti.
Non va lasciata sola. Non credo lo sarà più.