Il fantasma che si aggira per il nostro paese non è un nuovo manifesto ideologico, come magari con una punta di commozione qualcuno auspicherebbe.
E’ un qualcosa che ancora si agita tra le pieghe della società politica italiana e della sedicente società civile non certo estranea a tali contagi.
E’ la questione morale.
Alcuni affermano che il problema stia prepotentemente tornando di attualità, altri al contrario vivono nella certezza che non abbia mai subito attenuazioni nel tempo e che si sia rafforzata affinando i meccanismi contorti che la contraddistinguono.
I secondi sembrano i più accreditati dai fatti a rasentare la verità.
Ogni giorno, a qualunque livello, in qualunque territorio, in qualunque ceto sociale, in qualunque contesto Istituzionale o ad esso collegato, esplodono situazioni che scuotono le fondamenta della coscienza sana del paese, di quello che soffre, di quello che vive nelle periferie, che fatica ogni giorno, che si sente a distanza siderale dagli stucchi, dalle poltrone dorate, dai saloni opulenti che fanno da sfondo agli effetti mediatici delle conferenze stampa, delle interviste, delle dichiarazioni imbottite di parole spesso troppo vuote e tracimanti di non utile demagogia.
In una società di questo tipo ogni sforzo parrebbe inutile, ogni impegno sociale sembrerebbe senza speranza, ogni sollecitazione all'onestà vana.
Corruzione, concussione, truffe, appropriazioni indebite, falso in atti pubblici, turbativa d’asta, commistioni delinquenziali, intrecci tra affari e politica, sono purtroppo terminologie attuali oggi come lo sono state ieri.
Sono parole tremende per un paese civile, per una democrazia.
Delitti finanziari consumati senza scrupoli, risorse destinate al bene pubblico distolte dal loro scopo sociale, fanno del potere l’obiettivo più ambito per un facile arricchimento, donando pessimi esempi alle nuove generazioni.
Infruttuoso il richiamo di denunce passate, nulla è cambiato.
La storia è sempre stata una buona maestra ma troppo spesso ha cattivi allievi.
Quando giornalmente le cronache riportano tali situazioni la ciclicità della storia ritorna nelle case, nelle fabbriche, nelle scuole e un senso di inutilità pervade gli animi di chi disonesto non è, di chi invece crede che non tutto sia da gettare, di chi svolge il proprio impegno sociale nelle Istituzioni, di chi ascolta con speranza la voce autorevole del Presidente della Repubblica.
Ricomporre un quadro morale nel nostro paese sembrerebbe proprio un’impresa ardua alle condizioni date.
Ma il pensiero e la certezza che la gente onesta sia la maggioranza deve prevalere su ogni convinzione e da queste certezza provare a rimediare e ripartire.
Ma la moralità non si può imporre con percorsi legislativi anche se rigidi, con codici etici che restano impolverati negli archivi.
La moralità è un qualcosa che non può essere ne acquistata ne imposta, o appartiene all’individuo oppure quello stesso individuo non la recepirà mai.
E' un qualcosa che si ha oppure no.
Come poter dunque intervenire?
Come riportare l’interesse generale avanti a quello personale?
Quesito difficile nella sua apparente semplicità, ma non basta certamente la giusta repressione postuma a fatto avvenuto.
Servirebbe al suo fianco un’azione preventiva, perchè la grandezza di una classe dirigente si vede da questo, dalla sua capacità di prevenire gli eventi.
Servirebbe una selezione che solo una società al suo interno può fare da se, servirebbe che la politica riuscisse a guardarsi dentro a fondo, avere il coraggio di fare delle scelte acnhe dolorose se necessario.
La trasversalità del malaffare, il legame che spesso unisce chi ha il potere di decidere e chi quel potere sostiene per il suo interesse, sono catene da spezzare per il bene di tutti.
La rincorsa al consenso che porta all’obiettivo ultimo della politica, quello del potere governativo e della guida della società, a volte offusca ciò che al contrario dovrebbe essere ben visibile.
Nel nostro paese tutta la classe dirigente politica non viene eletta ma nominata, un pugno di persone nomina la classe dirigente politica e spesso anche quella privata, nominati che a loro volta nominano altri in una contorsione di sudditanza che diviene debole in qualche anello di questa lunga catena reverenziale e servile, sfugge al controllo anche di chi ha fatto quelle scelte con attenzione.
Verso questa piramide di poteri non può non nascere il sentimento di repulsione nella cittadinanza, e questo sentimento aumenta sempre più quando in situazioni di crisi come quelle che stiamo attraversando volutamente non si mette in atto nessuna operazione per arginare tutto questo e si continua a cercare difese verso qualche singolo.
La criticità della questione sociale già esplosiva di per se a causa di tutte le problematicità portate dal momento difficile dell’economia e del lavoro rischia in queste condizioni di deflagrare con effetti difficilmente prevedibili e incontrollabili.
C’è da tempo un distacco dell’attenzione verso la politica nella maggior parte delle persone, e l’amoralità diffusa ne alimenta l’insofferenza e la lontananza, una situazione gravida di pericolose agitazioni e bisognerebbe fare ogni sforzo per riportare tutto quanto nell’alveo del civismo.
Ma l’auto difesa verso i privilegi così facilmente acquisiti, la ricerca delle protezioni personali, difficilmente potranno essere contrastati solamente con la forza dei numeri parlamentari, anche perché non ci sono possibilità in un orizzonte immediato.
Verrà il tempo per questo e per quel tempo servirà la prontezza di proposte chiare, risoluzioni limpide, perseguibili.
Per esempio non si può non vedere come sia necessario intervenire su tutti quei meccanismi che alimentano l’uso improprio del potere pubblico, su quei procedimenti e su quei congegni grazie ai quali vengono placati gli appetiti dei rapaci, appetiti che si nutrono di soldi pubblici, che utilizzano il bisogno e l’indigenza dei più deboli per contrattarne il consenso.
Quando viene meno la moralità amministrativa viene meno la funzione di essere a servizio della collettività, della cosa pubblica, aumenta l’ingordigia di potere che si può facilmente acquisire per amicizia o familismo, prolifera senza pudore l’esposizione dell’opulenza agli occhi di quelle famiglie dalle dispense vuote, cresce la pesca facile su risorse destinate invece a lenire l’indigenza dei più bisognosi, a costruire quell'occupazione che invece non si realizzerà.
Quando questo avviene bisogna interporre regole che interrompano il flusso velenoso già innescato e soprattutto che ne impediscano il nascere in futuro.
L’uso distorto della risorsa pubblica per consolidare i propri interessi è forse il delitto più grande di cui possa macchiarsi un uomo delle istituzioni a qualunque livello, dal più piccolo comune al governo del paese e di fronte a questi delitti non si può non pagarne uno scotto.
Dare una risposta a questo, con decisione, senza piegarsi alla contrattazione significa essere classe dirigente degna di un paese democratico oppure non farlo vuol dire essere niente.
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- Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.