Alla fine tutto si ripropone, la storia ritorna, con le stesse modalità e probabilmente con gli stessi esiti, con le stesse pericolose aree di vuoto, di buio, dove tutto si confonde tra il plescibitarismo, la voglia di consenso da ottenere comunque e ad ogni costo, con la stessa presunzione di forza.
Una forza che però al primo scrollone dimostra di non essere tale come invece si vuole far apparire.
In tutta questa vicenda non può esserci stupore, nessuno può dire che non se l’aspettava.
Prima o poi doveva accadere, e se anche un uomo della destra storica italiana come il Presidente della Camera dei Deputati mostra palese insofferenza e si mette di traverso a colui che è l’artefice delle sue ultime fortune politiche, vuol dire che il problema è più profondo di quanto non si vuole far credere.
Probabilmente il Presidente della Camera sa di essere un politico e sa anche che il Presidente del Consiglio non lo è.
Un politico pur restando fermo nella sua visione ideologica, fermo nelle sue convinzioni sa che per governare un paese come l’Italia le prove di forza non portano lontano, sa che alla fine i nodi vengono al pettine e per sbrogliarli servirà non populismo ma politica.
Per questo ha iniziato a marcare le distanze, a fare dei distinguo, a smarcarsi da un modo di fare che sta perdendo il consenso ottenuto.
Il Presidente della Camera sa bene che se dietro agli annunci non c’è sostanza presto o tardi un popolo si ribella, si accorge di essere stato preso in giro e reagisce.
Come reagisce?
Votando dall’altra parte.
Questo il Presidente della Camera lo sa fin troppo bene proprio perché pur non condividendo affatto le sue idee non si può negargli la qualifica di politico.
Certo è che indipendentemente da come questa telenovelas andrà a finire un dato è incontrovertibile: il paese già in ginocchio soffrirà ancora di più, le differenze si marcheranno in modo quasi irreversibile se non si interverrà a fondo nel disagio dilagante.
Tutta questa storia che ha coinvolto e che coinvolge tutt’ora i due Presidenti ha pregi e difetti.
I secondi sono maggioritari e basta ricordarne uno per tutti, un paese non governato, e questo basta già da solo a spiegare molto di ciò che sta avvenendo.
Cioè niente.
Il pregio – se proprio vogliamo trovare qualcosa che ci rallegri un po - è che forse tutto questo sconquasso porterà probabilmente a un forte indebolimento della banda di manipoli al governo e conseguentemente uno scadimento di consenso presso l’opinione pubblica che si era illusa dietro le spinte mediatiche di vaghe promesse mai mantenute.
Ora resta da dire che cosa si farà a sinistra, dalla parte “a loro avversa”.
Che faremo?
Stare a guardare e attendere gli eventi?
Oppure spingere nella crepa che si è aperta e provare ad allargarne la ferita?
La seconda ipotesi sarebbe l’ideale da perseguire in una fase convulsa come questa.
Sarebbe, perché come qualcuno ha giustamente sottolineato non siamo pronti.
Stiamo ancora piazzando il campo, montando le tende, preparando le strategie, ma i soldati sono ancora non molto numerosi, in compenso i comandanti o sedicenti tali abbondano un po ovunque, anche dove non servono proprio.
Vedremo quanto saremo bravi, quanta responsabilità sentiremo verso il nostro paese, il tempo ci dirà chi siamo veramente.
Riusciremo a alzare la nostra Bandiera sul Reichstag Italiano?
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- Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.