Chi ha vinto le Regionali e chi le ha perse?
Sinceramente la discussione non appassiona più di tanto.
Ciò che conta è che si possa da questi risultati fare alcune riflessioni che verranno utili da oggi in avanti.
Però bisogna farlo.
Non come un paio di anni fa quando – almeno come PD – passò tutto sotto silenzio, quando la debacle elettorale venne derubricata sull’altare del partito leggero.
Nessuna seria discussione su quanto era avvenuto.
Nulla di nulla a parte qualche persona di buona volontà che cercò di capirne le ragioni.
Oggi bisogna capire, anche alla luce dei risultati delle Regionali, come mai la distanza tra la politica della sinistra e le persone non si riesce a colmare.
Ma nessun alibi richiamando l’astensionismo.
Noi dobbiamo portare le persone a votare perchè abbiamo da proporre un programma di futuro nel quale credono e dove possano riconoscere le loro aspettative.
Non perché sventoliamo una bandiera rossa o tricolore.
Certo è che l’informazione che giunge nelle case è ampiamente pilotata e non aiuta in questa ricerca delle verità esistente e non aiuta la propagazione di idee progressiste.
Ma non si può sempre additare a questo come alibi.
Le questioni sono altre e ben più profonde.
Per ora di certo c’è che avremo ben tre anni di tempo per rimettere in riga l’alternativa ricercata, un periodo dove si misureranno le capacità dei gruppi dirigenti delle varie anime che vogliono governare il paese.
Ma oltre a questa capacità che si spera si manifesti anche in chi oggi non la esprime, servirà definire linee politiche e programmatiche certe.
Qualche cosa Bersani ha fatto, si è impegnato molto in questo e partendo da una base frammentata rimetterla ideologicamente assieme non è stato facile e il lavoro è appena all’inizio.
Sugli altri fronti della sinistra non si vedono ad oggi novità che fanno pensare a ripensamenti nelle linee politiche degli ultimi periodi, e pertanto il recupero programmatico dipenderà soltanto da loro, anche se buona parte di questa sinistra si è riconosciuta in Vendola conscio che per governare una Regione o un paese bisogna guardare alla reale difficoltà del tessuto sociale e affrontarla, e non rinchiudersi in un perimetro ideologico senza tenere conto del mutamento sociale.
Sul resto del centrosinistra bisogna dire che sta raccogliendo ciò che fuoriesce proprio dalla sinistra, e questo è un bene per tenere il gruppo, le posizioni complessive di questo mondo fatto da buone idee e battaglie giuste spesso si scontra con altre posizioni discutibili – vedi Presidente della Repubblica – che tengono tutta questa area in una condizione di diffidenza collettiva.
Ci sono quindi queste basi sulle quali iniziare a lavorare : Il Partito Democratico con ancora i suoi problemi interni e esterni sulla via di un’identità che si sta finalmente delineando e che deve diventare certa.
La formazione Vendoliana di Sinistra e Libertà -che potrebbe togliere il nome del leader dal simbolo - e che sembra aver capito che per governare bisogna uscire dal recinto ideologico e guardare in faccia la realtà sociale in evoluzione.
l’Italia dei Valori - anche qui bisognerebbe togliere il nome del leader dal simbolo - con tutta la sua radicalità sulla via dello smussamento angolare che pur senza rinunciare ai suoi punti distintivi vuole iniziare un percorso unitario e alternativo alla destra italiana.
Ma ci sono in giro per il paese molti movimenti che nascono spontaneamente a fasi alterne e che raccolgono lo scontento e la protesta, come buon ultimo il movimento “Viola”, ma anche il movimento ecologista, quello pacifista e molti altri.
Questa massa di persone e gruppi sociali che si ritrovano periodicamente per far sentire la propria voce non ha un’organizzazione di tipo partitico, nasce e muore in giornata, poi si ritrova nuovamente per poi squagliarsi ancora e così via.
A questi movimenti bisogna guardare con attenzione perché rappresentano la voce vera del paese che soffre e che si trova a disagio nella vita quotidiana, esprime malcontento, disapprovazione, si ribella allo stato delle cose e vuole dire la sua, come è giusto.
Il punto sarà di poterle rappresentare nelle Istituzioni, come farlo, come raccogliere le loro idee e come rispondere alle loro aspettative.
L’importante sarà non cercare di assorbirle, non volerle inglobare in nessuna struttura partitica alla quale sono allergiche, come si sta da più parti cercando di fare – a sinistra - per acquisire il loro consenso elettorale.
Devono restare movimenti liberi ma devono poter avere uno sbocco finale, altrimenti come ben sanno l’urlo lascia il tempo che trova, e le loro parole resteranno lettera morta.
Ascoltare ma non dominare.
Questo sarà il modo di ascoltare e rispondere.
Poi ci sono le parti cosidette sociali, il Sindacato.
Non è pensabile costruire un programma per un paese senza avere le idee, le proposte, l’appoggio delle organizzazioni sindacali, perché loro rappresentano giornalmente i lavoratori e meglio forse di molti altri ne conoscono le aspettative e le richieste.
Sulle categorie economiche, le imprese, bisogna fare un discorso a parte, ma il loro ascolto è determinante per costruire qualcosa di strutturalmente definito, certamente confrontarsi con quelle storicamente grand, i grandi gruppi industriali ma specialmente con le imprese più piccole, quelle artigianali, strutture che da sole non potranno avere quelle coperture economiche e finanziarie per superare momenti di crisi come questi, e infatti molte di loro hanno già abbassato la saracinesca, per sempre.
Il punto è quindi sempre lo stesso.
Il programma per il paese che coinvolga i molti interessi e le molte esigenze.
Su questo sarà necessario lavorare, lanciare idee, ascoltarsi tutti quanti, discutere tra noi su quale potrà essere la sintesi unitaria, ma senza infiniti rendez-vous in capannoni abbandonati da mitizzare con nomi altisonanti, senza quelle infinite discussioni che non portano ad avvicinamenti decisivi e che spesso vedono le parti politiche chiuse nella loro aristocratica area non in grado di sentire le voci delle periferie.
Parole chiare e condivise, e chi ci sta ci sta, chi non ci sta pazienza, ci starà dopo se lo riterrà.
Con questo programma fare la battaglia politica fino al 2013 cercando di parlare a tutti i nostri concittadini, anche “a quelli dell’altra parte”, a quelli delusi dalla destra ma che non vedono oggi cosa c’è a sinistra.
E questo è il punto.
Ma cosa c’è a sinistra?
Al momento tanta buona volontà e tanta rabbia.
Bisogna però chetare la rabbia perché è quella che offusca la ragione……….
- quaderni di frontiera
- Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.
mercoledì 31 marzo 2010
SINISTRA : C’e qualcosa che non funziona……e che bisogna mettere in fase……in fretta…..
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quaderni di frontiera