Quaderni di Frontiera é uno spazio di cultura politica, uno strumento di riflessione pubblica che ha come obiettivo quello di alimentare la discussione allargandone il campo a professionalità e competenze. E’ un luogo dove possono incontrarsi e confrontarsi le diverse tradizioni culturali e politiche, sviluppando idee e proposte in grado di contribuire a ridefinire il campo progressista, guardando all’Europa e alle sfide internazionali.

venerdì 6 novembre 2009

Dove va la sinistra …..e dove va Sinistra e Libertà………..

Per provare a dire qualcosa sulla sinistra italiana sempre in movimento credo si debba partire dai fatti.
Partire dalla realtà che si ha di fronte per provare a tracciare un percorso che sia - alla sua conclusione - utile al paese.
Verrebbe da dire se una conclusione ci sarà, visto il fermento confuso che anima tutto ciò che oggi troviamo alla sinistra del PD.
I fatti credo siano questi.
La sinistra ancorata all’anticapitalismo si trova ai margini della politica, fuori da ogni gioco, esclusa dal circuito istituzionale.
E’ tornata ad essere, in pratica, una sinistra extra parlamentare.
L’immagine emblematica di questa emarginazione lo abbiamo visto all’ultima tornata elettorale, dove il Presidente della Camera uscente simbolo storico di questa sinistra non è riuscito a rientrare nell’Assemblea rappresentativa, in Parlamento.
La realtà politica complessiva – per la sinistra - che si è trascinata dal 2008 a oggi è che sono finiti fuori dai giochi sia la vecchia Rifondazione comunista, i Verdi, i Comunisti Italiani, e anche quella frazione ex diessina che non ha accettato la confluenza nel Partito Democratico.
Un partito il PD che oramai dopo una pasticciata partenza sta definendo finalmente la sua vera identità, quella dell’altra sinistra, quella che vuole costruire insieme ad altri un progetto politico che porti all’alternativa di governo.
Ma su quest’ultima cosa ci sarà tempo per parlarne.
Questa estromissione della sinistra che si sente portatrice di un’idea più radicale della società, senza compromessi, è il risultato della rivoluzione copernicana impressa dal gruppo dirigente Veltroniano, che in pratica è riuscito a rovesciare lo schema politico istituzionale precedente, quello per capirci dettato da Romano Prodi e Arturo Parisi, entrambi convinti con ragione che la parte di sinistra più antagonista, dovesse essere inclusa nel perimetro dell’alleanza necessaria per battere la destra.
Un proposito, poi realizzatosi.
Secondo questo schema Prodiano, peraltro condivisibile, sarebbe poi toccato ai vari Ministri, quelli per esempio come Padoa Schioppa, istruire, insegnare la “triste scienza” agli utopisti e agli oltranzisti portati in Parlamento, insegnarla ai no global e agli anticapitalisti che a squarciagola sbraitavano sullo scranno più alto di Palazzo Madama.
Più alto nel senso del posizionamento in altezza degli arredi.
Questo era a grandi linee il progetto politico dell’Unione.
Tuttavia il contributo alla governabilità non esauriva la funzione che la sinistra radicale pensava di essere chiamata a realizzare, la sinistra di lotta e di governo e via dicendo.
Per questa parte della sinistra fare la portatrice d’acqua per il governo al quale partecipava e che definiva nel contempo “tecnocratico” del centro sinistra che si era creato non era ritenuto soddisfacente.
Era ritenuta una cosa bizzarra vedere gli anticapitalisti al servizio del risanamento del deficit spaventoso dello Stato e al servizio del taglio del cuneo fiscale a favore di Confindustria.
Una cosa ritenuta insopportabile per l’acuta consapevolezza sociale di molti esponenti della sinistra radicale, per la loro nitida percezione delle nuove conflittualità, per un senso critico vivificato dal coinvolgimento personale, per il pacifismo.
E tutta questa insofferenza, molte volte esposta in modi palesemente visibili utili per i sostenitori delle piazze ma controproducente per la stabilità del governo, evidenziava insofferenze diffuse proprio per l’incapacità di sopportare troppo a lungo compromessi in economia e in politica internazionale.
Cioè, l’asimmetria nelle intenzioni rispetto ai risultati, venne quindi sintetizzato nel gusto dissacratorio e politicamente irridente proprio del leader carismatico, tra l’altro Presidente della Camera, di questa parte della sinistra radicale italiana, che definì “un grande poeta morente” Romano prodi, cioè colui che invece lo aveva portato al governo non senza vincere molte perplessità e facendosi garante dell’operazione.
Questo fatto è stato quello che ben prima della disastrosa defezione mastelliana e diniana fece suonare a morto le campane del governo di centro sinistra, già retto da precarissimi equilibri.
E’ sulla fragilità di questa parte di sinistra, non solo ma sicuramente anche su questo spunto, che Veltroni ha giocato poi le sue carte nei modi che sappiamo e con le relative conseguenze.
La spinta impressa dal PD, pur con tutte le sue particolarità e la sua frettolosità, ha in pratica costretto la sinistra radicale a porsi il problema della sua rappresentatività, della qualità dei suoi programmi politici, non tenendoli tra il velluto del Parlamento e con le obiezioni di coscienza, ma portandola nell’arena crudele del gioco elettorale con la logica della conta.
Per essere sinceri bisogna dire che nessuno, probabilmente nemmeno lo stesso Veltroni, pensava realmente che fosse possibile quella sorta di liquidazione totale di Rifondazione Comunista, ma si pensava che nella cerchia della sinistra contestataria avrebbero trovato spazi e ruoli le nicchie ambientaliste più radicali, oppure gli irrigidimenti post comunisti di alcuni dirigenti del PdCI, o ancora il mal di pancia degli scissionisti riunitisi in Sinistra Democratica.
E’ scattata invece la trappola elettorale, spaventosa per gli effetti, ma piuttosto tipica per l’estremismo politico di sinistra.
Quando si tratta di intravedere nuovi scenari o presunte scissioni, sia che si parli del Congresso di Livorno, o della fine del PSIUP, a sinistra non si conoscono mediazioni, non ci sono mezze misure.
O catastrofe o niente.
L’estremo tentativo messo in piedi con l’”Arcobaleno” ha quindi pagato la scarsa visibilità della sua proposta, in parte anche per l’attenzione mediatica destinata ai due maggiori contendenti alle elezioni, PD e PDL, ma in parte anche per l’assoluta volatilità dei suoi programmi politici.
Nelle intenzioni la proposta bertinottiana finalmente “slegata dalle eredità comuniste”, o almeno così si disse nel periodo, avrebbe dovuto diventare una forza moderna trasversale, connessa ai temi di fondo della globalizzazione, oppure alle inquietudini legate all’impronta ambientale sui temi dello sviluppo industriale, al recupero di ispirazioni originarie di un socialismo sulla scia del modello Link tedesco.
Ma quando tutti questi ingredienti sono stati messi nello shaker ne è venuta fuori una miscela esplosiva, in cui le identità sono evaporate, la falce e martello si è dissolta, le culture non si sono amalgamate e anzi si sono ulteriormente disperse in mille rivoli senza alcun peso e senza alcuna rappresentatività in ulteriori radicalismi vari.
Mentre da una parte era in atto la tentazione egemonica Veltroniana su una sinistra tutta proiettata al governo, dall’altra parte l’altra sinistra si è trovata in una impasse drammatica.
Era la fine della rendita dei partiti in grado di raccogliere i voti estremisti e di renderli utili all’interno di una alleanza estesa e anche in qualche misura condizionabile.
In una situazione come questa sono stati gli elettori a togliere le castagne dal fuoco per tutti e hanno risolto tout court i problemi impossibili della sinistra antagonista, alcuni sono stati convinti dal “voto utile” inteso come un bastione contro la macchina berlusconiana, altri sfogandosi antipoliticamente, altri nel partito dipietrista, altri ancora nel populismo radicaleggiante della Lega Nord.
Pochi infine i nostalgici di simboli di inizio secolo che hanno trovato rifugio in una sinistra critica della quale non si sono mai percepiti nè fini nè ideali, molti si sono ritirati nell’astensionismo dal voto e altri ancora dall’impegno politico.
Questi sinteticamente i fatti fino ad oggi.
Ora il quadro sta cambiando, forse anche sulla presa di coscienza, finalmente, di ciò che il governo di centro destra sta proponendo al paese, e non è una sommatoria di proposte globalmente accettabili.
Da una parte il PD sta riscoprendo la funzione essenziale di una sinistra di governo, sta definendo la sua identità di partito popolare e di partito del lavoro, prende atto insomma che l’autosufficienza della vocazione maggioritaria non è perseguibile e getta sul terreno il progetto politico dell’alternativa da costruire in coalizioni coese sui programmi da sostenere.
Dall’altra parte, Sinistra e Libertà, sta provando a sintetizzare le varie anime disperse della sinistra che hanno ripiegato fuori dalla politica, setacciando radicalismi poco produttivi e maturando un progetto anch’essa di governo.
Entrambe queste anime della sinistra italiana hanno capito cosa si para di fronte al paese, vedono i pericolosi ingredienti regressivi che si spandono nella società e sentono lo scricchiolio democratico e istituzionale.
Comunque sia, la svolta che sta operando il PD rispetto ai suoi primi 24 mesi un po’ troppo allegri e l’inizio della strada che Sinistra e Liberta sta costruendo, lascia intravedere scenari nuovi e positivi, senza dimenticare i movimenti della parte più centrista del panorama politico italiano.
Se queste elaborazioni dettate dall’empirismo distruttivo che si è avuto fino a qui darà i suoi frutti si vedrà, ma il fatto che siano iniziate discussioni politiche vere è già un segnale molto positivo e da non sottovalutare.
L’importante è che i confronti e le discussioni continuino perché la politica va fatta ogni giorno e non solo quando si presentano delle tornate elettorali, e può aiutare in questo il fatto che dopo le Regionali del prossimo mese di Marzo 2010 non sembrano all’orizzonte altre consultazioni.
Tutto è possibile, ma non paiono all’ordine del giorno altre immediate chiamate alle urne.
Sottolineo per chi è distratto che a Marzo saremo chiamati a rinnovare amministrazioni in 13 Regioni, 11 delle quali sono governate dal centro sinistra.
E qui mi fermo. Ognuno faccia le sue considerazioni con senso di responsabilità.
E per quanto sta a Sinistra e Libertà, vorrei dire in conclusione agli amici e compagni che li sono impegnati, che ogni costituente è buona, se si pone però il quesito di come ci si connette al problema del governo, perché l’idea che fosse possibile il giardinetto dei radicalismi è stata sfigurata dalla realtà.
Quindi, per chi a sinistra ha sempre amato parlare delle ragioni “oggettive”, “dei rapporti di forza”, di strutture e sovra strutture” credo sia giunto il momento di fare i conti fino in fondo con la realtà del nostro paese, e non con il labirinto delle illusioni.
E bisogna sempre guardare alla realtà politica del momento, perché se si fa politica con la società ideale o ancora peggio con la legge elettorale che si sogna poi ci si sveglia e si scopre che a governare Regioni e Stati sono altri che mai avremmo voluto vedere in quei posti……….